Dj Fonx

Dj Michele Fonx Fontanelli Break the Wall

Riformare la CC, tre livelli su cui intervenire ma serve un maggiore coordinamento tra Club

Con molto piacere in questa ottava puntata di Break the Wall, ci spostiamo con Michele Fontanelli aka Dj Fonx per parlare di coordinamento e Club Culture. Due temi fondamentali che cercheremo di esplorare grazie alla sua esperienza e visione attraverso una riflessione che guarda al futuro con lucidità e prospettiva. Ringraziamo la nostra inviata speciale Rozz Ella per questa nuova ed interessante intervista.

Cosa è per te la Club Cultura?

Eh, in due righe mi sembra difficile, più che altro che cosa si intende per club culture? Sarò un’pò provocatorio. Dai tempi delle prime vere situazioni (Paradise garage, Loft, etc. e poi dopo tutta la scena Inglese) che hanno portato alla nascita di quello che oggi conosciamo, sono cambiate tantissime cose, a livello sociale, culturale, tecnologico ed economico.

Paradise Garage coordinamento
Fonte: m.dagospia, Paradise Garage (New York, 1977)

Questa “cultura”, se così vogliamo chiamarla, è nata in posti piccoli, con un humus umano che proveniva dagli ambienti più bistrattati e marginali, il pubblico medio di queste situazioni era composto da Gay Afro-Ispanico-Americani con tendenze tossicomane. Diciamo l’esatto opposto del modello italico che si è diffuso di più, discotecone fotoniche con tanta gnocca in bella evidenza, fighettismo diffuso, molti soldi e sostanze illecite di vario tipo (questo forse unico aspetto che ci accomuna con le esperienze estere citate). E la provocazione parte da qui: di quale club cultura vogliamo parlare? Di quella italiana? Perché il fenomeno veramente di massa in italia è stato quello dei ’90, con la progressive prima con l’house dopo fino ad arrivare alla Minimal dei 2000, quindi megadiscoteche e discorso fatto sopra.

“un humus umano che proveniva dagli ambienti più bistrattati e marginali”

Per il mio percorso personale, sia come dj/producer che come promoter ma anche come semplice clubber, la discoteca “ ufficiale” è arrivata dopo, quando in quegli ambienti si sono accorti, con quasi dieci di ritardo, che nel mondo la musica da ballo era cambiata, riguardava uno spettro più ampio di sonorità e ritmi, rispetto ad un solo tipo di cassa dritta (e anche le prime cose americane e tedesche qui venivano viste minacciosamente). Ci sono state esperienze in posti che erano sul pezzo con quello che stava succedendo nel mondo, ma non appartenenti a quegli ambienti, come ad esempio: Pergola a Milano, il Link ed il Livello57 a Bologna, il Maffia a Reggio Emilia, Agatha a Roma.

“Un tempo c’erano i centri sociali..”
L57 coordinamento
Fonte: segnalidivita.com, L57, Bologna 1998

Situazioni considerate off, molti di questi erano Squat o Centri sociali. Poi c’è stata tutta la scena dei rave e delle feste illegali. Chiamiamolo Underground? Anche se a me questa definizione non piace. In questi ambienti si respirava fondamentalmente controcultura, o subcultura, musicale, visiva e sociale. Non si delegava al sistema ufficiale dell’intrattenimento di proporci anche le cose “alternative”, ma queste situazioni diventavano esse stesse le Alternative.

“In Italia non c’è una cultura diffusa a livello di Club..”

Penso che in Italia non si possa parlare di una vera e propria cultura diffusa a livello di Club (aggiungiamo noi è forse mancato il coordinamento), penso piuttosto che ci siano state e ci siano ancora oggi realtà che si sono mosse in una direzione virtuosa (spesso anche mitologica, si pensi all’esperienza pionieristica della “ Baia degli angeli” e al fenomeno del cosiddetto afro, a gente come Baldelli e Mozart andrebbe fatto un monumento), ma spesso non molto collegate fra loro, e ognuna dipendente dalle proprie dinamiche territoriali.

Altre persone ti diranno che il Tenax, l’Insonnia o l’Imperiale sono state il top, è una questione di gusti, percorsi personali e quindi molto soggettiva; e secondo me è anche il bello di questo ambiente, ogni suono e ritmo ha avuto la “sua casa”, l’importante sarebbe non fare i fondamentalisti. Alla fine la club culture, è una cosa molto semplice: musica proposta da un dj, un buon impianto audio che la riproduca e persone che hanno voglia di far festa e ballare. Come la si fa è la discriminante fra fare cultura e fare solamente business ed intrattenimento.

Un disco che la rappresenta? 

Domanda molto soggettiva e difficile, un disco che la rappresenti mi sembra impossibile…proprio per quello che ti ho detto prima, ognuno, per la propria esperienza, avrà dei riferimenti musicali diversi, per me sono parte della club culture anche la scena dei Sound System o la scena degli Allnighter, dipende dai punti di vista. 

Le persone frequentano sempre meno i club, molti chiudono anche in paesi ‘avanti’ come la Germania, cosa potremmo fare qui?

Già da qualche anno la scena è, a mio avviso, alle prese con una trasformazione epocale. Per i giovanissimi “club culture” è un’espressione senza significato. I djs sono divi pop, Miley Cyrus vale quanto Guetta o Marshmellow. E non interessa più se sei bravo a mixare, se sei un cultore dei vinili, se hai la capacità di mettere i dischi per sei ore tenendo le persone incollate alla pista. Oggi conta solo lo show. E se poi il dj sul palco preme solo un tasto, poco importa. Sono nati tantissimi Festival di elettronica, e molto pubblico si è spostato su questo tipo di eventi, creando anche un’effetto negativo a cascata sui club, dato i cachet che vengono pagati ai Festival, non sono competitivi con quelli dei club, limitando la possibilità di programmazione di questi ultimi, che spesso si ritrovano a fare gli stessi nomi per non rischiare soldi.

Poi i Social e gli schiuma party di Ibiza (come esempio da seguire), con i suoi privée e i dj superstar hanno fatto il resto, ‘mercificando’ una scena club diventata cartolina e obbligando a epocali door selection il resto, nell’illusione che lo spirito originale possa in qualche modo sopravvivere nei muscoli dei buttafuori.

Assenza di coordinamento il modello delle cattedrali nel deserto (Ibiza)
Fonte: Ibiza Spotligh, Club Cartolina

Quindi la club culture non esiste più. O meglio, da fenomeno per pochi al successo popolare, oggi quella più autentica è ridiventata un fenomeno non per i molti. E secondo me deve ripartire dalle origini, dai piccoli spazi, dalle serate dove ancora si coltiva l’idea che il club è un luogo di sperimentazione. Un’occasione per condividere divertimento e musica. Noi aggiungiamo manca coordinamento.

“Ripartiamo dai clubbers”

Se si chiama club culture allora ripartiamo dai club e dai clubbers, cercando di creare percorsi inclusivi per far crescere delle reali scene locali, con numeri si spera superiori a quelli di una festa delle medie. Da una parte i soliti nomi hanno rotto le palle, ma anche i dj locali, che te la fanno pesare come se i generi che “ suonano” li avessero inventati loro, non sono il massimo.

Lo so, non sarò molto simpatico, ma è meglio dirsi le cose per come sono (essendo io anche dj), l’ autoreferenzialità è un limite abbastanza comune di chi fa cose “Underground” in Italia, non capendo che l’obiettivo deve essere quello di fare più proseliti, come moderni evangelizzatori, e non stare a dare patentini di credibiltà  e purezza a questo o quello. Se si vuole affrontare seriamente il problema, va proprio rifondato un movimento. Un movimento multiforme e soprattutto “croccante”! (citazione da uno dei più genuini clubbers del Deposito!).

coordinamento all'interno del bar25, Berlino
Clubbers in Bar25, Berlin
Cosa manca?

Sono tre i livelli che mancano e un coordinamento tra questi: 

Uno, istituzionale 

inesistente, come sempre per quello che riguarda musica, cultura e divertimento “intelligente” in Italia. Questo settore viene considerato una rottura, trattato come un problema di ordine pubblico, una accolita di debosciati. L’esperienza tedesca è lontana anni luce rispetto alla nostra; 

Due, Club e Addetti ai lavori

Agenzie di booking per prime che non si aiutano. I Club molto impegnati a far quadrare i propri conti, non disdegnando anche scazzi con gli altri Club. Che scommettono poco sulle novità, e cercano di andare sul sicuro. E che per avere esclusive sugli altri Club, fanno il gioco delle peggiori agenzie di booking per riuscire a fare ospiti con prezzi fuori mercato. Le agenzie italiane si distinguono per questa oscillazione dei cachet degli artisti esteri (e spesso succede anche per gli artisti italiani), a Tizio gli chiedono X e a Caio Y, per poi scoprire dalla fonte estera che spesso i ricarichi sono anche del 30/40% di quello richiesto dal management dell’artista; 

Tre, il Pubblico 

ormai sempre più dipendente dall’hype di quell’artista o di quel club, senza uno sviluppo serio di un gusto personale e “critico”. Basta inseguire sempre e solo i soliti nomi, i “brand internazionali” del clubbing. Sarebbe positivo inoltre prestare attenzione anche ai “local heroes” e ai talenti più freschi ed inediti, perché in origine il clubbing era avventura e scoperta, non rassicurazione e teatrini da backstage. Fare più attenzione alla musica e meno agli aspetti accessorii, cercare le situazioni che fanno proposte artistiche non convenzionali ed originali, e non la solita pappa pronta coi soliti nomi. 

Cosa andrebbe cambiato?

Credo di aver già parlato di alcuni cambiamenti auspicabili, in più dovrebbero svilupparsi ulteriori aspetti: maggiore collaborazione tra i Club; coordinamento tra Club per evitare sovrapposizioni di programmazione; fronte unico con le istituzioni; fare rete per poter contrattare a livello nazionale, tour di artisti, direttamente con i management, bypassando molte inutili agenzie, per promuovere artisti minori in modo che possano girare in Italia, e altrettanto il lavoro contrario, in modo che anche talenti italiani arrivino a l’estero.

Costruire serate dal basso, facendo crescere un vivaio di dj locali, creando (attraverso il coordinamento) delle reali scene locali, e non “scenette” virtuali che si fermano esclusivamente all’ambito dei social network. Senza fare guerre ideologiche agli artisti più noti o alle agenzie e management, ci sono persone che hanno fatto molto per lo sviluppo di questa scena, ma si tratta piuttosto di riordinare e riequilibrare un po’ le dinamiche, come dobbiamo farlo per l’ecosistema e per l’economia, per il bene di tutti. Nessuno escluso. Darsi tutti una bella calmata, soprattutto dal punto di vista economico.

Ultima domanda quale è la cc che vorresti? 

Ritornare all’attitudine originale,  ritrovarsi in spazi dove la prima cosa da fare è abbinare il divertimento alla qualità e cercare di trasmetterlo al pubblico. Chi riuscirà in questa formula (e aggiungiamo ancora, serve coordinamento) saprà dare dignità alla parola clubbing. Diversamente il discorso verterà unicamente sulla scena più commerciale, come è sempre stato in Itaglia.

Cosa pensi che ne resterà a emergenza finita (oppure è troppo presto per parlarne)?

Immaginarsi ora come potrà essere il dopo è difficile, perché ci sono in ballo diverse variabili, te ne cito alcune: Come si comporteranno le istituzioni? Saremo sicuramente gli ultimi a ripartire, poi non abbiamo (dal punto di vista istituzionale ma non solo) valenza culturale come il teatro o il cinema o la musica classica, siamo i “ peggio”, quelli che fanno casino, si ubriacano e si drogano. Quindi chi riuscirà a tenere botta fino al momento della riapertura sarà già un grande, perché penso aiuti per noi non ci saranno, siamo un’Associazione e non una Società (nuovamente un coordinamento non sarebbe male!).

insisteremo ancora di più sulla sostenibilità della programmazione (e il coordinamento), alla qualità deve corrispondere un giusto valore

Pensare che dopo siano rispettate le distanze di sicurezza in posti dove si balla, si sta insieme, e si fa baldoria? Le persone saranno sempre così smaniose di trovarsi in luoghi chiusi? A stretto contatto con perfetti sconosciuti? Sinceramente non ho risposte a queste domande, so solo che quando ci penso mi prende una grossa angoscia. Se sarà trovato un vaccino, potremmo sperare di tornare a prima della reclusione forzata, in caso contrario la vedo parecchio hardcore.

Già avere tirato su un posto con l’identità del Deposito Pontecorvo è una scommessa enorme, per la provincialissima Pisa, poi non poterlo fare in condizioni di normalità rende tutto un’avventura che sa di contemporanei Don Chisciotte. Sicuramente, per quanto mi riguarda, se ci saremo ancora, insisteremo ancora di più sulla sostenibilità della programmazione (e il coordinamento), alla qualità deve corrispondere un giusto valore economico altrimenti le cose non si fanno,  lascio volentieri il campo agli hipster del momento. 


Alcune info preziose:

Michele Fonx Fontanelli – Dj e Producer

Dj Fonx, Deposito Pontecorvo

Dj eclettico, nel vero senso della parola, il suo suono spazia dalla black music delle origini (funk, soul, jazz, reggae e disco) fino alle sue espressioni contemporanee (Hiphop, Drum’n’bass/Jungle, dubstep, breakbeat, nudisco, elettro, bassmusic). Ed ha fatto girare i dischi nei posti più diversi: dai centri sociali ai club, dai paddock della Formula 1 alle feste di quartiere per strada, dalle jam di b-boys ai più rinomati jazz club. Inizia a dedicarsi ai Giradischi e ai Vinili, come dj, nel ’ 6, con la crew SVC. E’ fondatore e animatore di Casseurs Foundation. Dopo varie esperienze negli ambienti Hip Hop-Breakbeat-Drum’n’bass toscani, nel 2001 fonda con il milanese Painè (Compl8/Temposphere rec) I Maniaci Dei Dischi e così inizia a lavorare sulle produzioni e suona mensilmente @ Cox 18 (Milano), oltre a molte date in giro per l’Italia e passaggi su varie radio (RadioRai2/Weekendance; Popolare Network).

La prima testimonianza, pubblicata, di questa collaborazione è il singolo del secondo album di Painè (“Spontaneous”), per Temposphere records, dal titolo BENE feat. dj Fonx e con remix di: The Herbaliser (Ninja Tune-Uk), Quantic (Tru-Thoughts-Uk), Boogie Drama (Soundplant records-It).

In seguito esce il primo EP de I Maniaci Dei Dischi ‘OUR HOUSE EP’ seguito da un’altro ep dal titolo “SMILING FACES EP” entrambi su Temposphere records (sub label di Right Tempo), oltre a un remix per Baixinho (Vitaminic/Royality) e tracce licenziate in Giappone ed Austria (primavera 2003). Inizio 2004 viene pubblicato il primo album de I Maniaci dei Dischi, dal titolo “Hey presto!”, su Temposphere Rec. 

Da Dicembre 2003 fino al 2010 cura, insieme a Matteo Pzzo Chellini, ogni sabato sera, su Controradio (radio fiorentina a copertura regionale affiliata al circuito nazionale di Radio Popolare), una trasmissione radiofonica settimanale dal titolo RITMO, un viaggio nelle musiche da ballo di domani, di ieri e di oggi.  

Nel 2012 esce con The Brother Green…

E’ uno degli animatori della NuCombo crew, insieme a Nove, con cui è stato resident dj dell’appuntamento Massive Night, presso il DressCode (ex Insomnia, Pisa) dal 2004 al 2011, condividendo la consolle con il meglio della scena drum’n’bass/jungle europea ed italiana. Ha anche dato vita alla crew Black Friday, girando dischi in tutta la Toscana, all’insegna del suono black più puro, ovvero funk, soul, afrobeat, rap, disco e reggae.

Nel 2012 esce con The Brother Green, collettivo con il tastierista/organista Paolo Peewee Durante, Roberto “Bombo” Fiorentini al basso, e Piero Gesuè alla voce. Pubblica l’album “No Country for young men”: un disco trascinante che contamina la matrice funk con l’elettro, la disco, il soul, l’hip hop, il blues ed una spruzzata di jazz. Ha fondato e gestito l’etichetta Burnow, che ha fatto uscire gli albums di: The Brother Green, Pezzone ed Apes on Tapes. E’ tra i fondatori, e ne è anche presidente, del Deposito Pontecorvo, music club situato a Pisa.

Ha collaborato e fatto girare dischi con:
  • Casino Royale;
  • SanAntonioRockSquat;
  • Sun Wu Kung collective;
  • Esa aka El Presidente Otr/Gente Guasta;
  • Richard Dorfmeister (Austria);
  • Daddy G (Massive Attack/Uk);
  • Rayner Truby (Ge); Rich Medina (Usa);
  • Boots Ryley (The Coop/Usa);
  • Deda/Katzuma;
  • Gopher;
  • Dre Love;
  • Andrea Mi;
  • Biga;
  • Rob Luis (Tru-Thoughts/Uk);
  • Paul Murphy (Uk);
  • Congo Natty (Congo Natty records/Uk);
  • Rob Swift (Usa);
  • Dj Rocca/Ajello (Maffia Sound System/CrimeaX);
  • Volcov;
  • Michael Rutten (Jazzanova-Sonar Collective/ Ger);
  • Lele Sacchi; Sergio Messina;
  • Claudio Sinatti;
  • Serial Killaz (Uk);
  • Benny Page (Uk);
  • Royalize;
  • Andy Smith (Uk);
  • Dj Vadim (Uk/Usa);
  • Nick Record Kicks;
  • Victor Duplayx;
  • Rocco Pandiani;
  • Gak Sato (Jp);
  • Alien Army;
  • General Levy;
  • Bonnot;
  • Next One;
  • Roll Deep (Uk);
  • XCoast;
  • Gilles Petterson;
  • Taxman;
  • Sigma (uk);
  • Pendolum (au);
  • Shy Fx (Digital Soundboy/Uk);
  • Rosalia De Souza;
  • Nicola Conte;
  • Ardiman Mc;
  • Kleopatra j;
  • Beans (Usa);
  • Manitoba (oggi Caribou);
  • dj Marky (Bra);
  • Hype (Uk);
  • Khalab;
  • Aphrodyte (Uk);
  • Colle der Fomento;
  • Apes on Tapes;
  • Fricat;
  • Popolous;
  • HomeGroove-Red Bull Music Academy;
  • Eastpack Italia;
  • Associazione Culturale M.Y.A.;
  • Circolo ExWide;
  • Associazione Culturale Cantiere S. Bernardo;
  • Controradio Firenze;
  • Cox18 Milano;
  • Arezzo Wave Love Festival/Fondazione Italia Wave

Edited by Daniele V. One of the founders of the PUM – Pisa Underground Movement. Devoted to electronic music and its cultural background. I started writing to accomplish the need to tell what’s going on and track change about our activities, and I found new energies and interests.)

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