FACTORY ASKS 0019 : DEVICE

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Nome Artista 0019: Device

BIO:

Mi chiamo Lorenzo anno 1993, sono nato a Bologna. Ho sempre apprezzato l’arte, non ho seguito scuole di musica. Mi sono formato autonomamente nell’ambito musicale, da lì mi sono spinto in vari ambiti artistici.
Al momento lavoro a progetti come Broken Mirror (presentato al festival P.U.M. del Dicembre 2015) in cui mi occupo di installazioni per VideoMapping e collaboro con Marco Rossitto ad un progetto di VideoMaking. Invito a partecipare chiunque sia interessato alle nostre attività. Siamo un bell’agglomerato di gioventù per lo più Pisana.

01. Come hai intrapreso il tuo percorso artistico?

Percorso? Quale percorso? Penso di non aver mai scelto un percorso, o meglio, non mi sono mai accorto di aver fatto una scelta per essere dove sono o per essere quello che sono. Posso dire che i miei genitori mi hanno sempre supportato/sopportato nell’incremento della mia cultura artistica e non. Ho mosso i miei primi passi nell’ambito musicale, ma sono sempre stato attratto da qualsiasi tipo di forma artistica.

02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

Beh, diciamo che mi faccio aiutare dalle mie emozioni. Mi accorgo che al giorno d’oggi l’ambito artistico, come quasi tutti gli ambiti, si sta evolvendo nella nostra cultura del multitasking. Molto spesso, sopratutto negli ultimi anni, stiamo optando quasi sempre per “rappresentazioni” che sfocino in molteplici campi, per dare sfogo a molteplici voci e a molteplici collaborazioni, questo perchè siamo ispirati da molteplici flussi.

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03. In quanto “artista” qual è la tua massima aspirazione?

Penso di essere realista da questo punto di vista, non aspiro alla massima onorificenza o anche al semplice “portare la pagnotta a casa”. Io spero che la mia arte, ma non solo la mia, un giorno possa essere libera. Sarebbe bello avere spazi dove persone comuni possano esporsi, scambiarsi idee, informazioni, contatti o anche solo complimenti e critiche. Sono convinto che un’opera d’arte al di fuori del valore economico che può esserle assegnato, debba avere un’importante valore socio-culturale.

04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

Credo sia impossibile non innamorarsi della propria opera, completa o incompleta che sia.  È come una relazione che nasce e che inevitabilmente è destinata a finire prima o poi. Può sembrare triste vederla così, ma nel momento in cui espongo qualcosa, essa diventa materia di analisi da parte di chi la osserva; molte volte anche se concretizzata, può capitare che l’osservatore stesso non riesca a percepire le emozioni che si celano dietro quel Lavoro perché non sono partecipi della mia evoluzione/crescita nel realizzarla.  Alla fine l’osservatore sovrapporrà il proprio punto di vista su quello dell’autore, ogni “fottutissima” volta.
Per concludere e rispondere alla domanda, esplico: non c’è bisogno di lasciare un vero e proprio messaggio ogni volta, basta saper essere, saper rappresentare e saper metabolizzare ogni esperienza… L’arte è solo un rubinetto aperto dal quale bisogna decidere se idratarsi o no.

 

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05. Che cosa vuol dire underground per te?

Ormai faccio poca distinzione tra cosa è Underground e cosa è alla “Moda”… sono due facce della stessa medaglia. Solo che nella “Moda” girano un sacco di soldi, e una volta che ti sei fatto un nome l’opera più banale può essere valorizzata al “Must” della cultura. Penso che i movimenti Underground servano a persone come me e i miei colleghi, che nel mondo della “Moda” sanno bene che vestirebbero abiti stretti, sempre che si riesca a varcare quella soglia sottilissima tra Moda e Underground.

06. Che progetto hai portato al festival e cosa ha significato per te?

Mi sono immerso in questo fantastico ambiente culturale fondato dal P.U.M.  A dire il vero mi avevano chiamato per supportare il lavoro del VJ, compito che non avevo mai preso realmente in considerazione, fino a quando non sono stato istruito e supportato da Giacomo Dell’Apina, che per giunta ho avuto la fortuna di ospitare a casa tre giorni, durante i quali abbiamo legato un sacco. Abbiamo dedicato un sacco di tempo per montare uno “schermo” dove proiettare le opere Visual. Alla fine del festival questa esperienza mi ha invogliato ad organizzarmi con un altro ragazzo per la progettazione di nuovi pannelli, il progetto si chiama Broken Mirror e speriamo che per il prossimo festival vi si possa lasciare senza fiato.

deviceHand Job – Lorenzo Puccini – PUM ART FEST // Foto di Nicol P.

Oltre a questo mi sono dilettato nell’ambito della scultura insieme ad una amica, per progettare un logo per il P.U.M.,  l’opera si chiama HandsJob (coraggioso gioco di parole che richiama il lavoro “manuale”).

L’idea era semplice: tre mani in gesso che dovevano comunicare le lettere P, U e M… Nulla di complicato, vero? Ad essere sincero, sì! Grazie ai consigli di un professore dell’Istituto Artistico di Pisa, sono riuscito a creare delle mani lontane dall’anamorfismo (compito che mi ero preposto per l’opera), senza dover ricorrere a calchi su calchi, e sopratutto spendendo il giusto.
Devo essere sincero, questa scultura in fase di assemblaggio ha avuto un sacco di problemi, che grazie alla pazienza e alla manualità di mia madre siamo riusciti a risolvere, giusto in tempo per la mostra… Il risultato? Penso sia piaciuta… Anche se la maggior parte dei visitatori non ha riconosciuto le lettere, ma è riuscita a spiegare semplici gesti riconducendoli addirittura ad ambienti socioculturali questo a dimostrazione che l’osservatore sovrappone il proprio punto di vista su quello dell’autore e alla fine il bello dell’arte e dei festival che la ospitano, è anche questo.

07. Quanto sono importanti secondo te occasioni come il festival per promuovere i giovani creativi locali e cos’altro vorresti che venisse fatto in questo senso

In realtà non abbiamo bisogno di molto, basterebbe un luogo dove poter lavorare, dove poter investire tempo, più che soldi. Mi interesserebbe vedere un posto dove gli artisti di tutta Pisa, possibilmente anche di tutta Italia/Europa/Mondo/Universo, possano sentirsi liberi di esprimersi senza mediazioni.

Vorrei che l’arte fosse contagiosa, vorrei che ogni giorno la gente sentisse il bisogno di esprimere qualcosa, vorrei che ci provassero tutti, anche senza riportare a casa dei risultati… La vita è effimera, l’arte è immortale.

 

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“Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista.”

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