L’UNDERGROUND A MILANO NON E’ MORTO, E’ SEPOLTO VIVO.

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Cox, Milano

Nel 1961 Marcel Duchamp immaginava l’underground come la nuova via da percorrere per gli artisti che volevano distinguersi all’interno nuovo panorama culturale dominato principalmente da logiche economiche[1]. Secondo questa definizione, le forme d’arte e di espressione underground si pongono in antitesi ad una concezione dell’arte come prodotto per le masse. Le conseguenze dei processi mediatici e sociali imposti dalla nuova economia incidono profondamente sulla dimensione artistica e culturale delle grandi città di tutto il mondo.

Dato che nel nostro paese Milano è una delle città che più risente degli effetti delle politiche economiche dettate dalla nuova economia, ho deciso di intervistare quattro dj e produttori che vivono e lavorano a Milano, per scoprire se esiste ancora una scena underground in questa città, almeno dal punto di vista musicale, e qual è il futuro di essa.

 

  1. Chi sei e di che cosa ti occupi a Milano?

Butti: Sono Andrea Buttinelli e al momento vivo a Londra ma sono nato e cresciuto a Milano, dove tra un lavoretto e l’altro ho organizzato concerti e serate fin da quando avevo 15 anni e ho iniziato la mia carriera da dj e produttore musicale.

Nobel: Ciao, sono Francesco, in arte Nobel, da alcuni mesi non vivo più a Milano ma ci vivevo fino a poco tempo fa. Quando ero lì, ero dj e produttore. In realtà nasco come produttore ma è da ormai parecchi anni che faccio entrambi per lo stile di musica che mi piace produrre, fare il dj è una naturale conseguenza.

Federico – Ltd Colours: Ciao, sono Federico e faccio parte, insieme a Riccardo, del duo Ltd Colours. Sono un produttore di musica elettronica e dj. Ltd Colours affonda le sue radici nella bass music e nasce dal desiderio, da parte di entrambi, di voler sperimentare, senza porci troppi paletti, con le differenti sfaccettature e sonorità che compongono il panorama della musica elettronica. Nel nostro primo EP uscito per Infinite Machine, abbiamo cercato di trasmettere proprio questo concetto, spaziando dalla jungle alla techno, alla dubstep, alla power house.

Riccardo – Ltd Colours: Sono Riccardo Baldoni, fonico di “Presa Diretta” e post-producer per vari studi di produzione video e ma, soprattutto sono un electronic music producer e dj nel progetto Ltd Colours insieme a Federico Nosari.

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Butti
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Nobel
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Ltd Colours
  1. Come descriveresti la scena artistica in cui si inserisce il tuo lavoro?

Butti: Penso che il termine scena costituisca un limite per l’arte stessa.

Nobel: La definirei viva e in continua evoluzione, qualcuno direbbe “satura“ ma penso che non sia il termine adatto, penso che “saturo“ sia qualcosa che si può riempire completamente e che quindi abbia un limite, una scena musicale non ha di questi vincoli fortunatamente.

Federico – Ltd Colours: La scena della bass music a Milano è realmente qualcosa di underground. Difficilmente, infatti, si riesce ad attirare il grande pubblico a serate di questo tipo. Si tratta di un genere che affonda le radici nella tradizione musicale britannica, senza dubbio estremamente differente dalla nostra. Per questo, probabilmente, il pubblico italiano risulta un po’ scettico e restio nei confronti di qualcosa che non conosce bene e che non appartiene al proprio bagaglio culturale. Nonostante questo, esistono collettivi e promoter come Lobo, Skeng, Elita che fanno del loro meglio per promuovere serate di qualità e artisti di rilievo.

Riccardo – Ltd Colours:  Anche se Ltd Colours trae ispirazione da molti e differenti ambienti musicali (tra i quali la scena techno berlinese, quella proto-DNB e garage londinese, quella house East Coast Americana e quella house francese) penso che il termine più efficace per descrivere la scena nella quale siamo inseriti sia Bass Music.

 

  1. Quali sono i luoghi a te più cari per quanto riguarda i movimenti underground che si sono costituiti e succeduti nella scena milanese?

Butti: Lo SGA di Arese va assolutamente al primo posto. Ora non esiste più ma è stato per molti anni un punto di riferimento soprattutto per la musica hardcore punk. Qualcuno una volta l’ha definito il CBGB d’Italia… entrare a far parte del collettivo di questo posto è stata la mia prima esperienza nel mondo della musica. Altri locali che meritano assolutamente un posto nel mio cuore sono Magnolia, Dude, Lo-Fi, Biko, Leoncavallo (e il suo vecchio basement Dauntaun)… Ho menzionato solo quelli a me piu cari, ma ce ne sono MOLTI altri.

Nobel: Posti importanti per la mia evoluzione musicale sono stati i Magazzini Generali, il Black Hole, il Biko, il Rocket e altri che che ora non ricordo neanche. A Milano la prima realtà musicale underground che ho seguito è stata la serata Klash ormai dieci anni fa nel 2005. La metto al primo posto sopratutto perché è stato il momento in cui ho capito che quello che ascoltavo poteva essere girato anche in chiave club. Non sono mai stato un party-harder se non forse durante un anno della mia vita, ho iniziato ad ascoltare musica IDM passando dalla Break Beat alla Big Beat fino ad arrivare all’ Electro Clash e poi a cose sempre più “club friendly”. Da quel momento ho sempre visto il mondo del clubbing come un lavoro, e andare alle serate era come andare a scuola. Ci sono due movimenti underground molto importanti per la mia carriera musicale: al primo posto assolutamente il collettivo veneto Trash Dance, che riesce ad unire (grazie alla sua forte presenza musicale e grafica) un grande seguito di persone educate su quello che vanno a sentire con una proposta musicale e artistica completamente in linea con quello che intendo io per underground. L’altro è il collettivo Weird Club Milan, anch’esso interessante nella proposta musicale e con una forte identità estetica.

Federico – Ltd Colours: I luoghi dove le realtà che citavo prima trovano terreno fertile e riescono a svilupparsi, sono i piccoli club e spesso i centri sociali, dove da sempre, in Italia, attecchiscono culture e tendenze lontane dai movimenti di massa. Il Dude Club è stato un buon punto di riferimento; da Via Plezzo16, prima che cambiasse location, sono passati un sacco di artisti della scena bass: da Kode9 a DVA, a Objekt, Dj Spinn, Cooly G ecc. Il Dude rappresenta uno dei luoghi a cui mi sono affezionato di più da quando sto a Milano. Nella vecchia location si respirava proprio un’aria familiare. Un piccolo club con un muro di casse che superava il pubblico dal dj, senza fronzoli, con poche luci e poche pretese se non quella di far ballare ottima musica. Con il passare del tempo, il cambio di location e l’ascesa totale della techno si è progressivamente adeguato al pubblico delle grandi occasioni. Ma ritengo che sia un procedimento normale, per uno dei migliori o forse il migliore tra i club milanesi.

Riccardo – Ltd Colours: Primo fra tutti il vecchio Dude. Poi sicuramente il Leoncavallo, Macao, il Cox, il Tunnel e il Bitte. In questi locali ho potuto assistere alle performance di alcuni dei dj e producer più importanti della scena underground europea e mondiale come Kode9, Bambounou, French Fries, Ron Morelli, Jon Hopkins, Kryptics Minds, Romare e molti altri.

Milano, Centro Sociale Leoncavallo, inaugurazione della mostra dei graffiti, l'esterno.
Centro Sociale Leoncavallo, Milano
  1. Data la diffusione su vasta scala di fenomeni un tempo considerati underground, come ad esempio la cultura hipster, credi che si possa ancora parlare dell’esistenza di una scena underground a Milano, o l’ossimoro ideologico è inevitabile su questo fronte?

Butti: La musica underground a Milano esiste perché c’è chi la fa. C’è un grande spirito artistico e in un certo senso “alternativo” all’interno della mentalità delle persone che ci vivono. Quello che manca è un senso di appartenenza territoriale e culturale e di conseguenza un ideale di unità, ma credo che ci siano delle personalità che potrebbero fare da anello tra i vari “gruppi di artisti”…

Nobel: La mia idea di underground non è la sperimentazione fine a se stessa. Un movimento musicale underground deve avere la consapevolezza e la voglia di crescere, il fatto che ora qualcosa che noi consideravamo underground non lo sia più o che arrivi molto velocemente alle masse non è una cosa per forza negativa, è negativo il fatto che ci si adagi su di questo e si cominci a fare qualcosa PER la massa.
In secondo luogo la veloce diffusione di sonorità un tempo considerate difficili o di nicchia denota un’apertura mentale dell’ascoltatore, e anche questa è una cosa positiva. Detto questo la scena underground a Milano esiste, solo che è molto diversa da come era un tempo perché, chi spinge qualcosa di innovativo adesso lo fa provando a farsi capire da tutti senza rimanere chiuso nel suo guscio, ad esempio puntando anche sull’aspetto grafico.

Federico – Ltd Colours: Credo che prima di poter parlare di fenomeni underground sia necessario presupporre l’esistenza di un’identità musicale. Un movimento nasce da artisti che riescono a trovare, all’interno di una comunità, gli spazi necessari per potersi esprimere e confrontare, soprattutto tra di loro. Manca questo a Milano, almeno per quanto riguarda la musica che produciamo. Spesso le serate sono organizzate dagli stessi 4 dj che si alternano per tutta la serata e per tutto l’anno. Viene quindi lasciato poco spazio ai dj locali emergenti rendendo sempre più difficile la creazione di un’identità. Manca una connessione tra le molteplici realtà che gravitano intorno alla città, ognuno si coltiva il proprio orticello inseguendo l’artista che l’anno precedente andava tanto di moda a Londra, Parigi o Berlino.

Riccardo – Ltd Colours:  Parlare di underground in questi anni è, secondo me, molto complesso visto che nell’ultimo periodo i canali di comunicazione e promozione per i generi che prima si definivano underground e per quelli mainstream sono praticamente gli stessi. Analizzando però il concetto dal punto di vista del seguito che un certo genere può avere il discorso cambia: a Milano ci sono alcune piccole realtà che cercano di di proporre artisti di qualità e generi di musica che in Italia possono essere considerati di nicchia. Collettivi come Elita, Lobo e Skeng stanno facendo un ottimo lavoro per far conoscere generi di musica che altrimenti rimarrebbero sconosciuti alla maggior parte dei clubber milanesi.

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Dude Club, Milano
  1. Quali nuove declinazioni culturali pensi possano scaturire dalla scena musicale e artistica milanese per com’è configurata oggi giorno?

Butti: Citando la risposta precedente manca un senso di unità tra gli artisti milanesi e di conseguenza prevedere cosa verrà fuori domani è impossibile, che a pensarci bene è anche quello che mantiene questa città misteriosamente interessante. Le uniche ideologie comuni di cui credo e spero di essere sicuro sono l’antifascismo e l’odio per ogni tipo di discriminazione.

Nobel: La musica da club a Milano è molto legata alla moda, ed è giusto che sia così. A noi la moda interessa e ci teniamo all’apparire, inutile negarlo. La domanda però rimane molto difficile: credo che da tutto questo usciranno prodotti e serate sempre più legate ad un’immagine estetica che intrattenga l’ascoltatore anche visivamente oltre che a livello uditivo, per poi magari arrivare all’antitesi di tutto questo eliminando tutti gli elementi grafici (il che è graficamente altrettanto potente). Sto solo viaggiando di fantasia. Che è quello che mi hai chiesto di fare sostanzialmente 🙂 Credo però  che spesso la qualità visiva è quasi più importante di quella sonora. Dubito che questo possa cambiare mai a Milano.

Riccardo – Ltd Colours: Un altro punto da prendere in considerazione è la mancanza di comunicazione tra le piccole realtà presenti a Milano che si chiudono a riccio e non riescono comunicare e collaborare in modo costruttivo. Sono sicuro che la scena musicale milanese possa dare molto ma c’è sicuramente bisogno di investire di più su artisti emergenti.

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artwork, Weird by SPG
  1. Secondo te, c’è un futuro per l’underground a Milano?

Butti: Si, ma ancora, solo se con il tempo si riuscirà a creare un senso di unità e appartenenza. Penso che l’ammirazione verso le realtà estere sia normale ma che allo stesso tempo dovrebbe essere fonte di motivazione per migliorare la propria realtà. Come ho già detto per il momento vivo a Londra, che è un’ottima scuola sotto molti punti di vista, ma sto pianificando di tornare a vivere a Milano per mettere in pratica quello che sto imparando e tornare a “schierarmi in prima linea”.

Nobel: Noi a Milano siamo molto chiusi per quanto riguarda i rapporti lavorativi e molto divisi in fazioni che si muovono parallelamente e non si incontrano mai (se non spesso per secondi fini). Questa è la cosa che non mi piace a livello personale e che inevitabilmente rallenta le cose. Ma non posso dire che non ci sia gente che provi a proporre cose nuove e non posso altrettanto dire che non ci sia gente pronta ad ascoltarle. Sicuramente non abbiamo una cultura musicale come la possono avere altri paesi. Siamo ancora giovani da questo punto di vista. Le cose stanno cambiando però e non credo sinceramente in una regressione in questo senso.

Federico – Ltd Colours: Sono convinto che possa esistere un futuro per l’underground milanese ma è fondamentale creare prima un’identità artistica.

Riccardo – Ltd Colours: E’ molto difficile prevedere se nasceranno nuovi generi e movimenti dalla scena artistica milanese. Quello che però si percepisce distintamente è la mancanza di un identità ben definita. Questo probabilmente deriva dal poco spazio che viene dato agli artisti emergenti che non riescono ad esprimersi a pieno e a confrontarsi tra loro.

| The Factory | Celine |

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