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FACTORY ASKS 0028 : ANDREA BENEDETTI

  • 7 Ottobre 20197 Ottobre 2019
  • by info@pumfactory.it
Presentazione “Mondo Techno” di Andrea Benedetti, presso SanAntonio42 (2019, Pisa)

 

Andrea Benedetti – autore e dj – nato a Roma, è uno di quei pionieri della cultura e musica underground nel nostro paese. Il suo è uno “state of mind” piuttosto che un genere preciso, una forma espressiva o un determinata “scena”. Il suo libro “Mondo Techno” è una pietra miliare per chi cerca di orientarsi sulla genesi e sviluppo del fenomeno Techno nel mondo.

Per chi vuole approfondire la storia di Andrea e di “Mondo Techno”, consigliamo questo articolo di Damir Ivic su SoundWall. Mentre riportiamo di seguito l’intervista che Andrea ci ha rilasciato per Factory Asks.

 

 

ARTIST NAME 0028 : Andrea Benedetti

Breve BIO: Amante della musica, dj, assemblatore di suoni e divulgatore di idee fuori dagli schemi.

  1. Come hai intrapreso questo percorso artistico?
  • A distanza di tanto tempo, posso dire che l’ho fatto per colmare un buco affettivo e per esprimere quello che non riuscivo ad esprimere a parole. La musica era l’espressione del mio inconscio e credo lo sia ancora.
  1. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?
  • Hanno due visioni: una interiore e cioè l’espressione di ciò che provo in quel determinato momento e una rivolta verso il futuro cercando di esprimere il massimo rapporto fra umanità e tecnologia.
  1. In quanto “artista” qual’è la tua massima aspirazione?
  • Cercare di trasmettere le emozioni che provo tramite la musica e condividerle con altri.
  1. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?
  • A volte sono molto introverso e malinconico, mentre a volte sono molto carico e con voglia di fare festa. Da qui il mio amore per l’ambient e per le atmosfere rarefatte ed ipnotiche d allo stesso tempo per il funk, i bassi, la dinamica, il ritmo puro. Per cui è difficile trovare un minimo comune denominatore. Forse direi una voglia di non equilibrio per bilanciare quello mio caratteriale che invece è piuttosto tranquillo apparentemente.
  1. Che cosa vuol dire underground per te?
  • Oggi come oggi poco perché è tutto talmente frastagliato che magari un’artista che ha un contratto con una major vende meno di uno di un’etichetta apparentemente più piccola. E poi ormai il successo non si determina più in copie fisiche vendute, ma nella capacità di sfondare il muro delle molteplici uscite quotidiane per cui magari una come Sophie, che è fondamentalmente underground alla fine è molto conosciuta anche in ambito pop. Credo sia invece importante mettere in risalto la parola ‘libertà’ e cioè la capacità di essere sempre te stesso in qualsiasi ambiente produttivo ti muovi.
  1. Nel tempo che stiamo vivendo cosa dovrebbero fare le nuove generazioni?
  • Fare gruppo e formare delle squadre di lavoro in cui ci siano persone preparate sia nel campo della produzione musicale che del marketing. Saper comunicare oggi è importante tanto quanto produrre bene. E non detto che si debba comunicare in modo becero per forza, come non è detto che si debba produrre in modo becero per forza. Bisogna essere originali e creativi in entrambi i campi e lavorare assieme per uno scopo comune.
  1. Credi che possiamo rivivere in qualche maniera l’onda che descrivi benissimo nel tuo libro “Mondo Techno” che ha caratterizzato il finire degli anni 80?
  • Non lo so. Quel periodo era legato allo stupore delle nuove tecnologie ed a musiche assolutamente innovative come electro, house e techno. Oggi c’è molta delusione ed amarezza in giro per il tradimento di quella possibile rivoluzione oppure c’è rassegnazione ed abbandono al flusso che ci circonda, ma bisogna invece sapere usare le nuove tecnologie e trovare la forza di essere ancora una volta rivoluzionari, senza fr riferimento al passato, ma partendo dalle piccole cose e da ciò che ci circonda vicino a noi. Iniziare dal tessuto urbano in cui viviamo. Poi il cambiamento si diffonde. Abbiamo tutto il mondo a disposizione con un click e ci sentiamo inutili se non riusciamo a sfondare, ma se diventiamo forti e credibili nel nostro territorio saremo di esempio per altri e sarà tipo una piccola grande valanga.
  1. Una piccola curiosità che cosa intendi per tradimento di quella possibile rivoluzione, chi ha tradito e cosa è stato tradito?
  • Il tradimento del futuro. Quelli della mia generazione anche qualcuno dopo, hanno veramente pensato che la tecnologia potesse essere un tool rivoluzionario, ma in realtà ci si è in parte ritorto contro con l’eccesso di informazioni (l’information overload teorizzata da Alvin Tofler su ‘Future Shock’) e la nostra incapacità a gestirle con conseguente diffusione di cinismo, narcisismo e carenza empatica. L’opposto di quello che volevamo negli anni ‘90.
  1. Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro? E che ruolo possono avere i piccoli gruppi e le associazioni come la nostra molto legate al proprio territorio e alla comunità di riferimento, che si muovono nel sottobosco di molte provincie e periferie italiane tra sopravvivenza, controcultura e ricerca di una scena?
  • E’ la giusta via come ho scritto prima. Bisogna solo tenere a bada l’ego e imparare dagli errori del passato recente.

 

Nessun artista è stato maltrattato durante questa intervista

Autore: Daniele V.

 

 

 

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