Break the Wall

Raffaele Costantino

“Raffaele Costantino: Il valore aggiunto della ricerca

Seconda e importantissima tappa per Break the Wall dove tassello dopo tassello cercheremo di ricostruire una cornice per comprendere il suono di oggi e le sue evoluzioni con lo scopo di riportare al centro del rapporto tra arte e collettività un’idea di movimento e di cultura in una matrice sonora “rinnovata”. Nelle righe che seguono, con molta emozione vi presentiamo le idee e lo spirito critico di Raffaele Costantino, tra i più autorevoli artisti Italiani di musica elettronica e Africana oggi, noto anche agli ascoltatori di Radio2 per il grande successo del suo programma MusicalBox.

Musical Box

Come abbiamo già anticipato nel precedente numero, l’obiettivo di questa rubrica è quello di rompere e allo stesso tempo codificare, con molta pazienza, la matrice sonora dell’epoca in cui viviamo all’interno di una cornice che abbiamo definito “Club Cultura – CC”. Uno spazio forse troppo ristretto per l’obiettivo che ci siamo dati, quindi forse, un punto di partenza. Il modello in una buona ricerca, aiuta il ricercatore nel comprendere i fenomeni oggetto della sua indagine. Il modello è solo uno strumento, la cui utilità è strumentale alla capacità del ricercatore di estrapolare leggi di portata più ampia. Sulla scia dell’esperimento di una nuova night life a Pisa, “Club Cultura” da buoni ricercatori, vogliamo creare attraverso questa rubrica un ponte per amplificarne i contenuti e le scoperte.
Per questo nuovo numero ringraziamo la nostra inviata speciale Rozz Ella che ha riproposto a Raffaele una serie di domande spinose, lasciando poi lo spazio per le risposte alla sua creatività, competenza e lungimiranza e sono emerse diverse cose interessanti che vi riportiamo di seguito. Buon Viaggio!
DJ Khalab: Il valore aggiunto della ricerca
In due righe cosa e’ per te la cc?

La club culture è un laboratorio, un luogo dove fare ricerca. I risultati di questa ricerca, una volta maturi, arrivano alle masse sotto forma di produzioni mainstream. E’ sempre stato così, persone creative e curiose sperimentano cellule ritmiche e variazioni estetiche da proporre ai clubbers, oppure scavano nel passato per dare l’immortalità a cose che altrimenti si sarebbero perse per sempre. Gli stessi clubbers poi portano fuori dai luoghi del ballo questo “virus” che si diffonde piano piano e diventa un paradigma di riferimento; Te ne accorgi quando vedi brani come “il coro delle lavandaie” inserito da Sorrentino in un episodio di “The New Pope”. Quel pezzo è stato riscoperto anni fa dai dj e pian piano è arrivato alle masse tramite il cinema.

Un disco che la rappresenta?

Ogni epoca ha avuto i suoi dischi, per me oggi un disco che rappresenta bene i nostri tempi è American Intelligence d Theo Parrish. Dentro c’è la techno, il Footwork, il soul, l’hip hop, il jazz, il funk, etc. Tutto sintetizzato per il club.

Le persone frequentano sempre meno i club, molti chiudono anche in paesi ‘avanti’ come la germania, cosa potremmo fare qui? Cosa manca? Cosa andrebbe cambiato?

I club non rappresentano più l’unico luogo dove poter fruire di buona musica alternativa. In ogni paese d’Europa i festival si sono moltiplicati e rappresentano il luogo ideale dove andare a sentire buona musica, in condizioni di confort mediamente alte, con una esperienza più immersiva perchè per due o tre giorni puoi evitare di connetterti alla realtà. I club pagano il prezzo di questa evoluzione ma anche la loro mancanza di investimenti strutturali. In Italia per esempio sono pochissimi i club con impianti degni d questo nome. C’è anche da dire che la tendenza oggi è quella dei concerti, delle band, dei palchi. Questo cozza con l’essenza della cultura del club.

Quale è la cc che vorresti?

Quella in cui i club sono confortevoli, la musica si sente perfettamente ed i dj sono dei veri ricercatori, che studiano a lavorano tanto per far ascoltare il meglio della musica in circolazione ai clubbers che altrimenti rimangono a casa ad ascoltare spotify. Un luogo dove ascoltare di tutto e dove ballare anche la musica che potrebbe sembrare impossibile da ballare, grazie alla bravura dei dj ed alla qualità del sistema audio.

Dj Khalab“Afro future beat shake. An ongoing round trip journey between tribes and psyche, desert and spaceships, jungle and skyscrapers”

 

 

 

 

 

 

Alcuni preziosi link:

Profilo Bandcamp

 

Musical Box Rai play

 

Altre interviste:

Dj Khalab

Dj Khalab: la musica è un viaggio tra radici e futuro

 

L’Africa scura di DJ Khalab

 

Se vi interessa qui il prossimo appuntamento dal vivo con Club Cultura con Andrea Mi DJ in programma per il 14 Febbraio

 

Edited by Daniele V. and Rozz Ella

Daniele is one of the founder of PUM – Pisa Underground Movement, he is a musician and he loves to play as DJs. He is a Ph.D. in Agricultural and Resource Economics. Born and raised in Pisa (Italy), he collaborates in several projects and uses to travel around the Globe searching for new and interesting music, he loves digging rare and unknown music!

Rozz Ella is one of the main resident DJ for Club Cultura (CC) at Carcol Club in Pisa (Italy), where she also promotes a bass night with the project Neanderthal of the Space Vandals crew. Despite the music, she also collaborates with the AutAut independent journal and with Underblog (www.pumfactory.it) where she manage “Break the Wall”.

PHOTOGRAPHS Factory Asks

Photographs

Quando per un artista fare musica è come respirare

Intervistiamo oggi un giovane artista romano per Factory Asks: Photographs. È un progetto dall’atmosfera cupa, con influenze IDM e glitch. Dopo varie sperimentazioni giunge alla pubblicazione di 4 ep “MVMNT”. Il primo album sulla lunga distanza esce autoprodotto, nel maggio del 2017, “EKKLESIA”. “ALMA MATER”, è il suo secondo lavoro, contenente 8 tracce, composte con il contributo dei magnifici testi di GIANPIERO DE FILIPPO, pubblicato sotto l’etichetta Disorder rec. “Hurt” è un’album introspettivo, sicuramente più maturo nella composizione. il buio si accosta alla luce, le emozioni più forti prendono forma. 11 brani atmosferici, profondi, ideali per perdersi quando fuori tutto crolla.

01. Come hai intrapreso questo percorso artistico? 

Ciao, il mio percorso artistico parte da molto lontano, da 20 anni faccio musica. Anche se sono passato da vari genere, diciamo un po’ tutti (ahahah), quello di integrare l’elettronica nelle mie musiche è stata da sempre una mia ossessione, tanto da diventare adesso parte inscindibile e portante di esse. Da quando sono a Roma (4 anni), dopo aver chiuso il progetto clones theory (molto più dark wave oriented) , ho iniziato a sperimentare con i suoni per cercar di tirar fuori qualcosa che stia a metà strada tra dark, pop, idm, ambient (cosa che con HURT ho, credo, portato a compimento).

02. A chi o cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

Ti potrei sembrare pretenzioso, ma a nessuno in particolare; i miei gruppi/progetti preferiti sono talmente distanti da ciò che faccio ( pink floyd, neurosis, isis, sigur ros, sunn0, genesis…). Forse ultimamente ascoltando molta roba idm, tipo clark, apparat, oneothrix point never, autechre, aphex Twin, boards of canada, mi son fatto influenzare a mia insaputa. (Ahahah)

03. In quanto “artista” qual’è la tua massima aspirazione?

Non ho più un aspirazione, prima l’avevo, ora non più: compongo per necessità, suono per necessità, scrivo per necessità, sarei un depresso cronico se non esternassi i miei sentimenti in musica. Diciamo che la mia musica proviene dall’egoismo: é prima di tutto per me, poi per gli altri. (Certo è che gli apprezzamenti fanno mooooolto piacere comunque).

04. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

Sono sempre stato ossessionato dalla guerra, in tutte le sue accezioni possibili, dal modo in cui l’uomo si autodistrugge, distrugge il suo habitat, i suoi simili; si, al centro di tutti i miei lavori c’è l’uomo ed il suo masochismo.

05. Che cosa vuol dire underground per te?

Vuol dire essere libero, libero di fare ciò che si vuole, a prescindere da ciò che vuole o vorrebbe la gente: le maggiori evoluzioni musicali provengono da lì.

06. Nel tempo che stiamo vivendo cosa dovrebbero fare le nuove generazioni?

Le nuove generazioni?? Ehm. Dovrebbero dedicarsi a qualche hobby, dovrebbero coltivare una o più passioni: vedo orde di ragazzini senza una passione , senza nulla, mi dici così come si fa a vivere, come si fa a tramandare la bellezza?

07. Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro? E che ruolo possono avere i piccoli gruppi e le associazioni come la nostra molto legate al proprio territorio e alla comunità di riferimento, che si muovono nel sottobosco di molte provincie e periferie italiane tra sopravvivenza, controcultura e ricerca di una scena?

Dal mio futuro non so ancora cosa dovreste aspettarvi, sono coerente, ma a volte imprevedibile come artista, quindi…per quanto riguarda le associazioni come la vostra, sono un faro, un faro di speranza, perché è sempre bellissimo trovare qualcuno che crede nell’arte, e cerca di tramandarla come meglio può, e per questo grazie.A presto e soprattutto ci vediamo al concerto!! (link evento fcbk)

Grazie, a presto!

Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista
Links:

artista

Edited by Roberta Ada Cherrycola www.instagram.com/ada.cherrycola

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    La Fondazione

    Foundation il nuovo underground italiano?

    Un nuovo inizio

    La Fondazione. Un nuovo magma culturale si muove dietro a piccoli sinth autocostruiti, chitarre appositamente scordate e organi arrugginiti dal suono ruvido. Ma anche cavi che sfregolano e regalano glitch improvvisi, sensori ottici e altre diavolerie elettroniche che permettono la realizzazione di nuove sonorità. Questa è una ricerca sonora che comincia  molto tempo fa – con i primi lavori di Karlheinz Stockhausen – e giunge a noi attraverso artisti conosciuti come Tim Hecker.

    La Fondazione at Factory Dn@
    Sinergia Elettronica (Germany, Italy) – Live at Fondazione 2018 – Foto by Andrea Caracciolo

     

    Una ricerca senza fine

    Tuttavia la Fondazione come esperienza innovativa si presenta come una ricerca in continua evoluzione: “una lava in continua discesa che stenta a solidificarsi – a prendere una forma precisa – e continua a sfuggire ai diversi clichè“. In Italia, pochi sono gli spazi e le occasioni per poter respirare questa atmosfera. Forse si possono contare sulle dita di una mano quelli che offrono contenuti di taratura internazionale, quelli che riescono a farti vivere una nuova esperienza come – fondante – di nuova conoscenza e socialità.

    Rafael Toral (Portugal) – Live at Fondazione 2018 – Foto by Andrea Caracciolo

    La geografia nazionale, da sempre spietata se parliamo di cultura, anche per questo ambito si muove solamente da Milano a Roma come “il pendolo in un orologio che oscilla tra due poli”. Ogni tanto appare qualcosa in quel di Bologna, ma nel resto del “bel paese” questo magama non viene nemmeno immaginato. Tuttavia dal 31 marzo 2018, da un’idea nata in un periodo ancora non sospetto (ai tempi dell’Ex Colorificio di Pisa cioè il lontano 2013), emerge la Fondazione, una serie di incontri musicali per scoprire insieme il nuovo underground italiano ed europeo.

    La ri-nascita di questo progetto – La Fondazione – in un’area storicamente così importante, come il bacino della costa Toscana, con base nella città Universitaria di Pisa – rappresenta un chiaro segnale ai tempi nostri. Pisa già fulcro del primo underground italiano (per chi non sa di cosa stiamo parlando si legga Black Hole di Turi Messineo),  ancora oggi nonostante tutte le batoste e i cambiamenti globali “che anche qui si fanno sentire“, resta e continua a rappresentare una fucina di resistenza culturale una laboratorio di nuove pratiche e controcultura.

    Come in tutte le esperienze di resistenza, al momento sono solo i cuori più coraggiosi che vivono appieno quest’onda rivoluzionaria. Un’onda fatta di strani arrangiamenti musicali, spesso improvvisati, di muri di suono, di nebbie elettriche e colori acidi. “Ma di rivoluzione stiamo parlando” e non a caso, queste sessioni sperimentali hanno un pubblico di ribelli ancora più interessato e numeroso di molti altri generi musicali. Un pubblico che si muove e si sposta da tutta Italia per seguire gli artisti e trovare le serate nei diversi spazi che osano su queste vibes.

    Trrmà (Italy) – Live at Fondazione 2018 – Foto by Andrea Caracciolo

     

    La prima stagione

    A Pisa, gli eventi della prima stagione della Fondazione, così come i futuri eventi vengono ospitati all’interno della Factory. L’hub di riqualificazione, orientamento e condivisione tra cultura, socialità e formazione creato dall’Associazione Pum Factory in via Volpe 98 ad Ospedaletto, Pisa. Una vera e propria factory, uno spazio aperto alla controcultura, anch’esso tutto sperimentale, fatto di tecnologia, arte, installazioni e musica. Uno spazio che merita di essere visitato di per sé, un’esperienza nuova per il visitatore, un’occasione sempre più rara nel panorama italiano, frutto della tenacia e della volontà dei suoi inquilni e fondatori.

    Nella Factory prendono vita diversi progetti, tra cui La Fondazione: un progetto originariamente lanciato nel 2013 all’interno dell’ex-colorificio, che il Pisa Underground MovementAmbient-Noise Session (ANS) hanno ripreso dopo anni di eventi e sperimentazioni. PUM e ANS hanno creato sin da subito un ricco calendario di “sessioni” con artisti nazionali e internazionali, che spaziano dall’occult punk targato MACAO all’unione di musica africana e modular synth fino ad arrivare alle composizioni eclettiche del Portoghese Rafael Toral e all’ambient melodico Californiano degli Ensamble Economique.

    Qui ricordiamo i concerti promossi già dalla prima stagione della Fondazione:

    #1 Cerimonia secreta (Milano) – Alga Alma (Firenze)
    #2 Sinergia Elettronica (Germany, Italy) – Andrea Borghi , Marco Baldini (Italy)
    #3 Serpentu (Italy) , TRRMA (Italy)
    #4 Nicola Vinciguerra, Nicola Tirabasso (Firenze)
    #5 Rafael a Toral (Portugal) , David lucchesi , Fausto caricato (Pisa)

    Sinergia Elettronica (Germany, Italy) – Live at Fondazione 2018 – Foto by Andrea Caracciolo

    Il concept

    Outsider che non si riconoscono in nessuna etichetta e preferiscono mettere mano alla materia sonora per produrre la loro personale idea di futuro: PUM e ANS vogliono riportare in questa parte di Toscana la possibilità di confrontarsi con scenari musicali differenti e meno codificati, ricollegandosi alla lunga tradizione di sperimentazione sonora pisana.

    Trrmà (Italy) – Live at Fondazione 2018 – Foto by Andrea Caracciolo

    La controcultura è movimento e il magma che scende da questa nuova vetta prima o poi non tarderà ad arrivare anche nelle vostre case.

    Francesco Catelani – Live painting at Fondazione 2018 – Foto by Andrea Caracciolo

     

    Restate all’acolto! e veniteci a trovare alle prossime tappe della Fondazione presso la Factory.

    La Mongolia by Federico Art novels and stories

    La Via del Vento

    Un viaggio in foto sull’inizio dell’inverno sulle rotte della transumanza nella Mongolia rurale.

    La Mongolia è un paese remoto, forse molti di noi l’hanno vista solo in foto. Un luogo intriso di mistero, dal fascino esotico che però non riusciamo a visualizzare perché appunto molto lontano dal nostro immaginario comune. Per questo abbiamo deciso di farci raccontare la Mongolia da chi l’ha vissuta, da chi l’ha fotografata. E ve la presentiamo qui su Art novels and stories.

    La Mongolia by Federico
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Federico Pellici, classe 1985, si avvicina alla fotografia nel 2008, durante gli anni dell’Università a Firenze, rispolverando la precoce curiosità manifestata già da bambino per questa strana forma di magia in cui il mondo si ferma, e fa da specchio all’osservatore. Per Federico la fotografia è una ricerca del sé attraverso il risultato dell’incontro tra dentro e fuori.

    Fedrico Pellici mappa Viaggio roads
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Successivamente, affiancando l’interesse umanistico alla comunicazione visiva, si concentra sulla fotografia sociale e antropologica, che perfeziona con gli studi presso lo Studio Marangoni di Firenze, corso di foto-giornalismo.

    Partendo dalle periferie, dalla condizione degli emarginati,  dalla vita contadina e dal conflitto estetico e culturale con il mito del progresso e dei modelli televisivi,  trova un momento di distensione tramite il viaggio, e la scoperta di antichi esempi di umanità in armonia con il loro ambiente.

    Mi trovo costretto a porre un costante paragone con la società da cui provengo

    A cavallo dell’eterno vento della steppa si fanno incontri rari ma importanti, carichi di valore. Le parole ed i gesti hanno valore. Gli sguardi hanno valore. Mi trovo costretto a porre un costante paragone con la società da cui provengo, in cui la “saturazione di umanità” porta un’inevitabile indifferenza per le vite altrui ma un’inspiegabile terrore della morte. I popoli nomadi della Mongolia sembrano incarnare le qualità dei loro luoghi ancestrali, ed il vento accompagna da secoli le loro vite, plasmandole, facendo loro da maestro sapiente e severo.

    Mongolia by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Da qui nel 2016, realizza un viaggio sulle orme del nomadismo. Mantenendo uno spirito di apertura e curiosità verso tutto ciò che è “diverso” o ignorato dalla cultura mainstream, attraverso questo viaggio Federico ci comunica il suo tentativo di comprensione di sé  attraverso lo studio e il rapporto con le diverse culture nomadi della Mongolia.

    Fedrico Pellici mappa Viaggio roads
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    La Via del vento

    “I nomadi salvaguardano la Grande Vita, e la sopravvivenza della prateria e della natura è ben più importante di quella degli uomini. I coltivatori invece proteggono la Piccola vita, badano alla sopravvivenza dell’essere umano, a cui danno il valore più grande. Tuttavia senza la Grande vita non ci sarebbe la Piccola” – Jiang Rong.

    La Mongolia by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici
    Giorno 1

    Secondo il calendario lunare mongolo, il 31 ottobre è stato il primo giorno d’inverno. Sono arrivato qui per il Bituun, l’ultima notte senza luna della stagione. Tra i pastori della steppa centrale si dice che sarà l’inverno più freddo degli ultimi 160 anni. Molti sono già in viaggio verso le valli dell’Uvurkhangai, a sud-est. Una distesa interrotta da pochi villaggi e qualche cittadina sovietica, in genere capoluogo di aimag (provincia), sorta in prossimità della miniera di carbone.

    LA Mongolia by Federico Pellici
    Famiglia nomade venuta al villaggio di Khorgo per far visitare la bambina malata; Foto & Copyright by Federico Pellici

    E’ la stessa domanda che mi sorge quando, dopo decine di chilometri di steppa, spunta un accampamento. Perchè proprio qui?  Due famiglie, come un’oasi nel deserto. In un momento ben preciso, un antenato di questo clan ha deciso di fermarsi dopo settimane di viaggio. E così, da allora, i suoi discendenti tornano qua ogni inverno. Ci sono un sacco di motivi a me invisibili per cui questo è un buon posto, e un buon momento per venirci. Una rete di informazioni, consigli e ammonimenti portate dagli spiriti del vento e dell’acqua, dagli animali e piante della terra. Indirizzati da questi presagi e auspici ci si muove sempre nella giusta direzione, da millenni. Perchè non ascoltare il Padre Cielo e la Madre Terra, significa rompere un fragile equilibrio e perdere tutto. Come i marinai guidati dalle stelle, qui si ascolta la voce del vento.

    F. Pellici
    La Mongolia by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici
    Giorno 8

    Già in questo mese si sono toccati i -20 C°, e qualcuno, sottovoce, ricorda il catastrofico inverno del 2010. Un inverno gelido, qui chiamato dzud, che sconvolse la Mongolia. Per tre mesi abbondanti il Paese asiatico rimase paralizzato da un gelo intensissimo, accompagnato da nevicate continue. Oltre cinque milioni di animali, tra yak, pecore, capre, cavalli e cammelli, morirono per il freddo e per la fame.Intere regioni rimasero a lungo isolate. Decine di pastori nomadi morirono per gli stenti, tra loro molti bambini.

    Quest’anno l’eccessivo altalenare delle temperature preoccupa gli allevatori, lo scioglimento della neve causato da una settimana più calda può significare una successiva gelata che “brucia” l’erba dei pascoli e rende impraticabili i passi di montagna. Attualmente in Mongolia sono censiti più di 30 milioni di capi. Sui laghi ghiacciati si raccoglie il sale da gettare agli animali, ”lo mangiano da soli, il sale fa grasso per l’inverno”, mi dicono.

    F. Pellici
    LA Mongolia by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici
    Giorno 15

    La carne essiccata è quasi pronta, come 800 anni fa. Con un procedimento altrettanto antico, dopo varie bolliture e la preparazione in sacchi di cotone, si ottiene l’essiccazione di formaggi e yogurt, unico metodo di conservazione dei prodotti caseari. Carne e derivati del latte sono gli unici ingredienti della dieta delle famiglie nomadi, salvo quel poco che offre la montagna, funghi e piccole bacche rosse ricche di vitamine, che vengono date ai bambini in acqua calda.

    LA Mongolia by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Oltre un milione dei quasi tre della moderna mongolia sono ancora pastori, nomadi o semi- nomadi. E’ una vita dura, senza domeniche, dagli odori forti. Un occidentale non può conoscere queste realtà senza una guida e buon fuoristrada, meglio russo, più facile da riparare. Lontani dalle arterie principali (sono poche le strade asfaltate) gli sparuti gruppi familiari si distribuiscono omogeneamente su una superficie di un milione e seicentomila kmq, qualcosa come cinque volte l’Italia.

    I nomadi di queste parti sono gente ospitale, l’incontro tra persone viene ancora celebrato con l’immancabile tè salato al latte e lunghi racconti.”

    F. Pellici
    La Mongolia by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Nella gher, la tradizionale tenda mongola, si rispettano riti e usanze antichissimi, ormai assorbiti dalla normalità. La forma stessa dell’abitazione,un’unica stanza con la stufa al centro, regno della donna e centro di ogni attività sociale, ricalca una visione sintetica di concetti spirituali e astronomici, nella stessa ottica in cui in occidente si costruivano chiese e santuari.Tra i nomadi mongoli sono ancora forti le credenze di derivazione sciamanica soprattutto a nord, nella taiga dell’hovsgol, ma dopo secoli di rivalità con il buddismo lamaista e 60 anni di comunismo sovietico,è un culto ormai custodito da pochi gruppi etnici più isolati.

    Foto & Copyright by Federico Pellici
    Giorno 21

    Come le altre civiltà nomadi, la vita dei pastori mongoli mostra una grande conflittualità con la moderna cultura stanziale e cittadina. La volontà dell’uomo sugli animali e sulla natura conosce e rispetta un limite ancestrale, oltre il quale in nome del progresso, della comodità e della ricchezza l’uomo sedentario si è progressivamente spinto negli ultimi secoli. Finché rimangono nomadi, questi uomini non lasciano tracce indelebili del loro passaggio,non sporcano, non inquinano,e lavorano.Si muovono dietro agli animali, quando la distanza tra la mandria e l’accampamento supera il giorno a cavallo. Si muovono seguendo valli o corsi d’acqua, Si muovono osservando la terra e il cielo.

    cavallo bianco neve
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Avvicinandosi alle città, visibili da decine di km, avvolte nella caratteristica coltre di smog e rumore, il contrasto è forte. Si avverte la tentazione di individuare la causa di tutto questo caos proprio nella “forma città”. Come se la cessazione della millenaria abitudine errante di questo popolo abbia creato tutt’a un tratto povertà, inquinamento, e abissali divari tra gli strati di una società competitiva e verticale.

    Nelle asciutte e fredde sere d’autunno, mi trovo a paragonare la realtà in cui sono cresciuto,che sento fortemente terrena e pesante, immobile, solida e protettiva, ad un’altra realtà di interdipendenza con le forze della natura, da cui siamo separati da appena pochi strati di feltro della tenda. Orizzontale, paritaria. Spietata e generosa.

    F. Pellici
    Ogni azione nel piccolo risuona nello spazio sterminato

    Potrebbe sembrare un rapporto esclusivamente di dipendenza dagli animali e dalla natura, in realtà è forte in loro la consapevolezza che ogni azione nel piccolo risuona nello spazio sterminato,e che esso ne risente in molti modi, attraverso il clima, le piogge e tutti i cicli vegetali e animali. Potremmo parlare di una proto-coscienza ecologista, traslitterata in tradizioni sciamaniche e modellate dal buddhismo lamaista, quello barocco e minuzioso, e superstizioni di ogni tipo.

    Baasanjav, passa l'inverno da sola sul lago Hovsgol in mezzo alla foresta
    Baasanjav, passa l’inverno da sola sul lago Hovsgol in mezzo alla foresta; Foto & Copyright by Federico Pellici
    Giorno 26

    L’intento di tutte le attività nomadi è l’autonomia, necessaria tradizionalmente in paesi sterminati, aridi e poco popolosi. Autonomia sempre più limitata anche a causa di politiche tese paradossalmente alla conservazione del territorio, come i severi controlli sulla caccia e il taglio della legna.Oppure il divieto di pascolo nei nuovi parchi nazionali, dove però le auto dei turisti sono sempre ben accette. Vengono talvolta adottate dai nomadi limitate forme di commercio e scambio, ma tendenzialmente si fa poco uso del denaro.Tutto quello che si produce è ad uso e consumo dello stesso nucleo di una o due famiglie (comunque legate da parentela) che possiedono il gregge o la mandria, tenuti rigorosamente in libertà in un regime di allevamento estensivo.

    La Mongolia by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Un sistema chiuso, quindi, che può essere messo in crisi quando intervengono fattori che minano le fondamenta di queste strutture sociali monocellulari,come l’acquisto delle terre da parte delle grandi compagnie straniere, l’avvelenamento delle acque e i cambiamenti climatici.In Mongolia più che mai appare evidente come il concetto stesso di modernità si stia perpetuando attraverso un sistema globalmente interconnesso, a scapito delle millenarie modalità di auto-sussistenza che non possono essere assorbite da un macro-flusso economico statale. Difficoltà già venuta drammaticamente alla luce negli anni del totalitarismo comunista,in cui le attività di pastorizia vennero forzatamente abbandonate cedendo il posto a impieghi nell’enorme apparato produttivo sovietico.

    Giorno 30

    Nonostante il ritorno di molti alla vita nomade a partire dagli anni ’90, la conservazione di questo stile di vita è seriamente compromessa dalla totale inconciliabilità di bisogni e risorse con un paese che sogna l’occidente, vive di importazione, ma anche ricchissimo di carbone, rame e oro.

    La vita lenta, laboriosa e quasi incontaminata che mostro nelle mie fotografie, in queste arcaiche forme di equilibrio e armonia con i ritmi naturali, sta subendo forti cambiamenti.

    Foto & Copyright by Federico Pellici

    La diffusione di televisione satellitare e internet nella Mongolia rurale sta contribuendo ad allargare la crepa nelle coscienze delle giovani generazioni. Il futuro è più incerto, nuovi modelli appaiono loro, in confronto ai quali la vita quotidiana dietro agli animali appare sporca e miserabile, mentre il miraggio di un lavoro in città va ad espandere le bidonville della capitale. Così l’occidente ha esportato l’ansia identitaria, e la fermezza dei volti più anziani non trova continuità in quelli decisamente più insicuri dei giovani.

    La diffusione di televisione satellitare e internet nella Mongolia rurale sta contribuendo ad allargare la crepa nelle coscienze delle giovani generazioni.

    Certo, la realtà nella Mongolia moderna non è solo questo, si vedono evidenti contraddizioni in un paese che vive di importazione, di miniere di rame e centrali a carbone. Le città sono avvolte in una nube di smog. Agglomerati di gher si formano nelle periferie delle poche grandi città, e famiglie ex-nomadi conoscono per la prima volta la povertà.

    F. Pellici

    In ogni caso, ciò che salta ai miei occhi appena fuori i centri abitati, ciò che ho scoperto che stavo in realtà cercando in questo posto remoto, è un umile rispetto delle regole universali, una non imposizione della volontà umana sul creato, nato e sviluppato già perfetto.

    La Mongolia by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Il governo sta cercando di incentivare l’educazione dei bambini tra i gruppi nomadi, e molti di loro riescono a frequentare la scuola del villaggio usufruendo del dormitorio gratuito. Una volta finita la scuola primaria, si sceglie: chi può, continua gli studi a Ulan Baatar, dove si studia l’inglese (non più il russo) e dove sorgono moltissimi istituti privati, per lo più stranieri e molto costosi.

    La via del Vento by Federico Pellici
    Foto & Copyright by Federico Pellici

    Per questo la Via del Vento è anche la mia via. E’ la storia di un viaggio iniziatico, una testimonianza per immagini di questa mia scoperta, raccolta poco prima dell’Inverno, lontano dal turismo, dalle strade principali. Ero solo alla ricerca del silenzio e della chiarezza perdute tra la folla o nel traffico. Un dialogo privato tra me, la Natura, e i suoi antichi abitanti.

    A story by Fedrico Pellici, 2016 Pisa.


    Edited by Daniele V. One of the founders of the PUM – Pisa Underground Movement. Devoted to electronic music and its cultural background. I started writing to accomplish the need to tell what’s going on and track change about our activities, and I found new energies and interests.

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      Giegling Archivio

      Save the Music #02

      Giegling

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      Copyright Giegling

      Certe cose si creano e basta. Un po’ come l’amore. L’unione e la comunione di intenti di unità singole che vanno ad intrecciarsi con estremità differenti, parallele fino a quel determinato momento. È quello che ci ricorda il battito estenuante di un goccia che esplode a contatto con il terreno. Giegling evoca terra. Sapore di reale, estremamente al passo coi tempi, forse anche in anticipo sulla tabella di marcia. Rude ed allo stesso tempo tremendamente efficace. Il contatto con la natura che si attacca alla ferma convinzione dell’uomo, esso stesso influenzato nel suo incessante e quantomai necessario rapporto con ciò che fisicamente lo circonda.

      Il messaggio principale che passa non è il prolisso arrivismo dell’etichetta “standard”, dove tutto ciò che conta è saper vendere bene il proprio prodotto “no matter what”, ma la rivalutazione in chiave puramente musicale di ciò che dovrebbe essere un collettivo discografico: la musica è al centro dell’universo. Nessun ghirigoro, nessun tentativo di ammaliare l’ascoltatore con strambe trovate pubblicitarie. Resta qualcosa di minimale e al contempo affascinante: il mood del suono.

      La rivalutazione in chiave puramente musicale di ciò che dovrebbe essere un collettivo discografico
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      Copyright Giegling

      Giegling non a caso nasce fuori dalle ingombranti sagome delle metropoli tedesche. A Weimar. In una fabbrica abbandonata Konstantin (metà del duo Kettenkarussell) e Dj Dustin iniziano una serie di serate per promuovere la propria musica. Nel fabbricato si sviluppano 3 sale che trattano rispettivamente house e techno, elettronica sui generis, funk e soul. Futuri temi principali e punti cardine dalla label.

      Nel 2008 la fabbrica viene abbattuta e coi pochi soldi rimasti il non più duo (si è aggiunto Ateq) decide di stampare il primo vinile.

      You and me make love forever di Kettenkarussell segna fin da principio il carattere camaleontico delle opere Giegling. Un approccio alla dancefloor allo stesso tempo tradizionale e rivoluzionario. In ogni release dell’etichetta di Weimer si trovano pezzi tipicamente dance che vengono accompagnati da una introspezione che il produttore di turno compie su sé stesso, sulla propria musica e sul rapporto tra essa e il pubblico ricevente. Questa ricerca rende l’ascolto adatto a qualsiasi tipo di situazione. Sia essa all’interno di un club, sul proprio divano, durante una corsa oppure negli gli attimi di un lungo viaggio.

      Ma come funziona questo collettivo?

      Come funzionino le cose all’interno del collettivo lo spiega bene in un’intervista Ateq: si scopre che Vril è il “ministro del destino”, Leafar Legov è responsabile delle mutandine bagnate in pista. Dustin si occupa dei contratti, Konstantin della pressione, Prince of Denmark dei sogni. Ateq delle vibrazioni artistiche, Dwig è responsabile dei samples mentre Deer è il tutor tecnico del progetto. In definitiva ciò che fa la differenza è un’organizzazione che rende semplice il lavoro di ciascuno. Certo poi è la musica che parla e in questo caso lo fa incantando.

      Il carattere peculiare che rende difficilmente catalogabile sotto un unico filone il genere trattato nelle produzioni Giegling parte dal minimalismo di Kettenkarussell per arrivare ai tre moniker Prince Of Denmark, Traumprinz e Dj Metatron, che fanno da maschera ad un’unica identità (talmente importante e libera da qualsiasi vincolo da avere dedicata una sub label chiamata per l’appunto Traumprinz), anonima per il momento e che è una fusione di house, techno, ambient e breakbeat, oltre che una gioia per le orecchie in tutte le salse. In mezzo troviamo produzioni tra le più complete e visionarie degli ultimi anni. Si passa dalla classe cristallina di Edward al vento sonoro e impetuoso di Vril, per non parlare dei talentuosi Map Ache e Matthias Reiling (già noto per il suo altro progetto Session Victim).

      giegling

      Tra i progetti più interessanti della casa discografica meritano una menzione: la “Staub Serie”, letteralmente la “Serie di Polvere”, che comprende 7 12” realizzati da Prince of Denmark, Vril, Rau (un alias di Ateq) e Zum Goldenem Schwarm ( lo “Sciame Dorato”) e che è descritta dallo stesso Ateq come “un messaggio segreto di come le cose dell’universo e l’umana natura si leghino insieme” e, i “Giegling Mix” simbolo delle produzioni della casa tedesca e giunti alla fama internazionale proprio quest’anno, dato che “This is Not”, l’ultimo della serie realizzato da Dj Metatron e contenente materiale unreleased, è stato nominato miglior mix dell’anno dalla rivista specializzata Resident Advisor.

      “Forum” sub-label nata dalla madre nel 2013

      Altro cenno lo merita “Forum” sub-label nata dalla madre nel 2013 e specializzata nella produzione di Lp a caratteri techno. Partendo da “The Body” di Prince of Denmark  l’obiettivo di Forum è sempre stato quello di scandagliare un genere sempre più inflazionato donandogli un tocco unico e riconoscibile. Ecco allora gli effetti visionari di Prince of Denamrk con il suo The Body, la potenza espressiva di Vril nel suo Tours, la peculiarità di Zum Goldenen Schwarm con Aufgang e le sonorità ambient e mistiche di Sa Pa.

      In definitiva cosa ci si può aspettare per il futuro di Giegling e cosa il lavoro di questi ragazzi ci ha insegnato?

      Che con la qualità e una giusta programmazione, si possano bipassare le leggi scontate del mercato musicale odierno. Il resto sono solo lacrime e godimenti sonori.

      Giegling

      Lista Releases: www.discogs.com/label/144751-Giegling

      Qua sotto trovate 24 tracce che ripercorrono la storia dell’etichetta dal 2010 ad oggi. Le canzoni sono in ordine cronologico per evidenziare lo sviluppo e l’attività incessante di ricerca.


      Links:

      Sito web / Discogs 


      Edited by Jacopo Boni

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        Factory Asks

        FACTORY ASKS 0004 : MARTINA RIDONDELLI

        Autoritratti, Photo by Martina Ridondelli
        Bianca Garzella Photo by Martina Ridondelli, M.U.A. Isabella Biagini

        Nome artista 0004 : Martina Ridondelli

        BIO

        Nata a Pisa, diplomata all’istituto d’arte con indirizzo di “architettura e arredo” decide di approfondire la sua passione per la fotografia trasferendosi a Milano e studiando presso l’Istituto Italiano di Fotografia. Si specializza in ritrattistica e in fotografia di concerti, lavorando in buona parte nel settore musicale. Essendo la musica un’altra sua forte passione, incomincia a fare foto promozionali, artwork e a collaborare in modo sempre più diretto con i musicisti. Nel corso degli anni, approfondisce progetti personali che espone in diverse città italiane. Attualmente sviluppa i suoi lavori sia in interno, presso il suo studio, sia in esterno.

        01. Come hai intrapreso questo percorso artistico?

        Ho incominciato a far fotografie grazie a mio padre che mi regalò la prima macchina fotografica intorno ai 9 anni e posso dire che da lì è incominciato tutto.

        02. A chi o a cosa ti ispiri per quanto riguarda i tuoi lavori?

        A tutti e a nessuno o a tutto e a niente. Mi piace osservare ma non ho un riferimento ben preciso e molto spesso le influenze e le ispirazioni cambiano di mese in mese.

        03. C’è un messaggio legato ai tuoi lavori senza il quale non li chiameresti tuoi?

        Cuore e stomaco.

        04. Che cosa vuol dire Underground per te?

        Underground è qualcosa di bello ma strano perchè sembra parlare sottovoce ma urla più forte delle realtà della cultura di massa. Il concetto di “underground” in questo periodo storico di confusione estetica e concettuale assume tante forme. E’ tutto un grosso calderone dove difficilmente si riconosce cosa ci sia dentro.

         

        |  The Factory  | Martina Ridondelli  |

        “Nessun artista è stato maltrattato durante la realizzazione di questa intervista”

         

        Autoritratti, Photo by Martina Ridondelli
        Giorgio Canali Photo by Martina Ridondelli