Kenobit Break the Wall

Kenobit

Break the Chip

Per comprendere lo stato di salute della cultura club, quel coacervo di influenze, stili e visioni del mondo che stiamo ricostruendo intervista dopo intervista, non potevamo trascurare gli 8 bit, una delle più interessanti tendenze del momento.

Se per gli amanti della musica 8 bit, già il titolo anticipa qualcosa. Per chi ci segue invece, potremmo dire che anche il recente pezzo sui risvolti artistici del videogame Cyber Punk 2077, oppure l’ultimo #BtW del 2020 con Pablito El Drito hanno una forte connessione con l’artista di oggi.

Come in uno di quei giochi dove si uniscono i punti, con Fabio Bortolotti in arte Kenobit oggi portiamo in luce un passaggio importante, o meglio proviamo a risaltare una tendenza che osserviamo ormai da diversi anni.

Un passaggio ormai visibile sia nella musica, che nel cinema e in altri comparti culturali.

L’avanzare della creatività, delle innovazioni, ma sopratutto del suono associato ai videogames. Nel nostro caso con Kenobit, uno dei maggiori rappresentanti della chiptune e della cultura 8 bit in Italia, parliamo di Happy chipcore, techno & weird experimentations.

Negli ultimi anni con il suo Gameboy si esibito in tutta Italia, in Europa e nel mondo, con spettacoli in Giappone, Sud Africa, Stati Uniti e Russia. Antonio Enrico Buonocore in un suo pezzo su milanocittastato.it lo descrive come un artista e un operatore culturale poliedrico.

E’ stato redattore di diverse riviste di videogiochi di rilevo nazionale, compone musica ed è uno dei cofondatori e animatori di Kenobisboch Productions, una realtà che coniuga efficacemente cultura e videogiochi

cit. Antonio Enrico Buonocore 13/01/2019
Assisteremo forse in futuro alla rinascita dei club come delle macchine arcade a gettoni?

Di sicuro la sua tendenza al DIY ci suggerisce, in una sorta di parallelismo con il movimento e la cultura punk, che oggi per fare musica non hai neanche bisogno di uno strumento. Passione, creatività, libertà e attitudine ad andare avanti inseguendo i propri demoni sono forse gli ingredienti principali. Ma c’è molto di più, a partire dall’idea del recupero creativo della tecnologia ormai obsolescente che trasforma l’arte del retrogaming in nuovi medium per comunicare ed esprimersi verso l’ampio pubblico con la musica.

Come nel caso della musica concreta, dell’elettroacustica, del noise etc., quindi attorno a matrici di sperimentazione, o perlomeno alla cultura del DIY associata a tale campo, artisti fortemente radicati sul territorio danno vita e sviluppano vere e proprie scene underground.

Fabio, una persona tanto eclettica quanto squisita, che ricordiamo con affetto quando è venuto a suonare qui a Pisa molti anni fa per il nostro PUM Factory Festival grazie agli amici di Radiocicletta è anche l’organizzatore di Milano Chiptune Underground, uno dei più grandi party lo-fi a livello italiano. In questi mesi di impossibilità di realizzare eventi dal vivo, è stato molto attivo online in streaming continuando a lottare per mantenere vivo questo spaccato di contro cultura contemporanea.

Lo ringraziamo ancora infinitamente per averci dedicato il suo tempo e vi lasciamo di seguito alle sue parole per Break the Wall.

Ciao Fabio, benvenuto! Ho letto che “Kenobit” è un raffinatissimo gioco di parole: (Obi Wan) Kenobi + Bit., nato in un pomeriggio del 2009 quando cercavi un nome d’arte la tua prima traccia realizzata con un Game Boy. In un intervista ho letto che sono stati “i tre minuti di onde quadre a 190 BPM più importanti”, e immagino che ti hanno letteralmente cambiato la vita. Tuttavia mi aspetto che qualcosa bolliva in pentola già da prima. Quindi da buon curioso, inizierei chiedendoti qual’è il tuo percorso?

Sono Fabio Bortolotti, in arte Kenobit. Sono nato musicalmente come batterista punk e hardcore. Dopo un’adolescenza passata tra salette, concerti e autoproduzioni, mi sono imbattuto nella scena della micromusic e ho iniziato a suonare il mio Game Boy. Negli ultimi anni, oltre a suonare in giro per il mondo, ho organizzato concerti con arottenbit, con il quale ho dato vita a Milano Chiptune Underground e a Cyberspazi (progetto di musica e realtà virtuale che ha coinvolto anche Eyefish e Napo dei Uochi Toki).

Quando e come sei entrato in contatto con questo nuovo mondo?

È stata una felice serie di coincidenze. Avevo appena iniziato a sperimentare con i suoni a 8 bit, prima ancora di usare il Game Boy, con qualche VST su PC. Caricai uno dei primi esperimenti su 8bitcollective, un sito ormai defunto dove artistə da tutto il mondo caricavano i loro brani e commentavano quelli altrui. Nel giro di pochissimo fui riconosciuto come italiano da Arottenbit, già attivissimo con il Game Boy. Caso volle che il giorno dopo avesse un concerto in un piccolo ARCI dietro casa mia. Conobbi lui, Tonylight e Pablito el Drito, e soprattutto vidi per la prima volta l’impatto di un Game Boy dal vivo. Volevo fare quella roba anch’io. Dovevo farlo.

Gli amici di quella sera furono vitali per muovere i primi passi. Pablito e Tony iniziarono a invitarmi a suonare ai concerti che organizzavano, mentre Arottenbit mi fece entrare nel circuito più esteso dell’underground, invitandomi sul palco con lui. Fu un aiuto prezioso, perché ai tempi non avevo abbastanza musica per reggere un set da solo e soprattutto perché mi mise addosso una grande voglia di scrivere musica. C’era la fotta, ecco.

Quale musica elettronica ti rappresenta?

Sinceramente non so cosa mi rappresenti, perché il grosso contenitore elettronico nel quale vengo normalmente inserito, la “chiptune”, è un termine vago, spesso privo di alcuni dei dettagli che più trovo importanti nella musica, a livello estetico e politico. Per questo, se proprio devo scegliere un nome, mi piace rifarmi alla “micromusic”, la corrente senza regole nata in seno a Micromusic.net, il sito che ha dato il via alla valanga a 8 bit che ha poi dato vita a svariate mode, più o meno underground. Il motto è: “Low tech music for high tech people.” Detto questo, amo fare musica con un Game Boy proprio perché è tangente a più mondi: capita di suonare in chiusura a una serata punk, a un rave, a una serata techno, a una serata chiptune. È bello vagabondare nell’underground.

Quando è iniziato questo amore per la musica 8 bit?

Il mio amore per le onde quadre nasce in tenerissima età, con Space Harrier e un Sega Master System. C’era qualcosa, in quelle note così ruvide, che ha lasciato un’impronta indelebile sul mio cervello. Non ho mai smesso di ascoltare la musica dei videogiochi, anche da sola, in purezza. C’è ovviamente un’enorme differenza tra la VGM e la mia musica, ma il colpo di fulmine arriva da lì.

Cosa ne pensi della Club Culture nella tua città e oltre?

Prima della pandemia, Milano era una città molto fortunata. C’era un ecosistema molto sano di locali, arci e squat, per il quale c’era sempre qualcosa di interessante da vedere o sentire, anche durante la settimana. C’era sempre una scusa per svegliarsi con il mal di testa il giorno dopo, insomma. Mi auguro che alla fine del casino ripartirà e ritroverà i suoi ritmi, anche se sarà una battaglia in salita. Quello che so è che, come musicista, farò tutto il possibile per supportare gli spazi che fanno musica. Sono importanti non solo per la musica, ma anche per l’aggregazione. È ai concerti che ho trovato i miei simili.

Quali sono le principali criticità?

Milano è una città ricca di contraddizioni e ineguaglianze, e più ci si allontana dalla dimensione DIY, più i nodi vengono al pettine. C’è anche una dimensione parallela all’underground, fatta di locali costosissimi, quelli dove prenoti tavolo e boccia di champagne, dove la musica passa completamente in secondo piano e diventa un banale ingranaggio del guadagno. Detto questo, la criticità del momento è che i locali stanno chiudendo e che ripartire diventa ogni giorno più difficile. Spero che, quando sarà tutto finito, la gente muoverà il culo e non darà per scontata la musica dal vivo.

Cosa possiamo fare per migliorare l’attuale Club Culture?

Mi rendo conto che sono un disco rotto, ma l’etica dell’autoproduzione e del DIY sono l’antidoto a molti dei problemi che abbiamo. Andare agli eventi, supportare gli eventi, organizzare eventi. Conoscere persone che vanno agli eventi e organizzano altri eventi, incontrare persone che suonano, incontrare persone che vogliono iniziare a suonare, organizzare workshop, diffondere il sapere, darsi una mano. Erano cose che servivano prima e che in futuro serviranno ancora di più. Altrimenti lasceremo il mondo della notte solo a chi ha in banca i soldi di papà.

Quali sono gli aspetti positivi del fare musica al giorno d’oggi?

Oggi si possono fare delle cose incredibili con un budget molto ridotto. Nonostante ci sia un grande fetish per l’hardware, spesso con derive estreme, come quella dei modulari, qualunque ragazzinə può iniziare a produrre tracce con due spiccioli, o anche gratis. Inoltre, tra YouTube e tutorial online, molto del sapere che un tempo veniva tramandato oralmente è a portata di clic. Questa democratizzazione degli strumenti, per contro, rende più difficile farsi notare, ma penso sempre che un mondo con più musica è migliore di uno con meno musica.

Quali sono le sensazioni che hai verso il tuo ultimo album?

Ho fatto uscire un disco dedicato alle vecchie sigle, scritto a quattro mani con il mio socio Bisboch. Ne vado fiero, ma per il momento mi sembra un disco “incompiuto”. Tutti i pezzi che scrivo nascono con in mente i concerti dal vivo e, per ovvi motivi, di occasioni per suonarlo in mezzo alla gente ne ho avute poche. È andata così, me ne faccio una ragione. Mi fa strano, perché ho più voglia di scrivere il disco nuovo, cosa che sto facendo, che di suonare quello vecchio. Forse per voltare pagina? Dai, sì. Ce n’è bisogno.

Cosa pensi che possa fare lo streaming per la musica e la cultura? Quale suggerimento daresti alle associazioni come la nostra che tentano di salvaguardare questi aspetti della vita, che al momento sono particolarmente messi a dura prova dall’emergenza COVID?

Penso che lo streaming sia uno strumento molto potente e che, nonostante le apparenze, ci siano grandi occasioni e opportunità per chiunque voglia fare musica e cultura. Ho alcuni consigli sparsi:

1) Non inseguire i numeri. Twitch e le piattaforme di streaming, per loro natura, tendono a mettere i numeri in primo piano, ma quando si fa cultura è più importante avere un pubblico fedele e attento che un numero di spettatori alto. La qualità premia. Lentamente, ma premia.

2) Fare community: lo streaming ha enormi potenzialità, ma solo se affiancato a comunità che partecipano alla vita del canale e che la sostengono. Per avere un progetto autosufficiente, non servono decine di migliaia di fan (anche se aiutano): una community affiatata può fare miracoli.

3) Non sempre i concerti funzionano. Sono felice e grato per tutti gli eventi online che ho visto (e che ho organizzato), ma non penso che siano la risposta, perché sono comunque una forma di esibizione alla quale manca una componente fondamentale. Abbiamo tutti voglia e bisogno di musica, ma penso che sia necessario sfruttare i pregi delle piattaforme in streaming. Credo che sia più potente una chiacchierata con un artista, abbinata magari a una piccola performance informale. Twitch permette di avere una dimensione intima e domestica che nessun palco può dare, quindi credo che eventi piccoli e informali possano essere il modo ideale per aspettare la riapertura delle gabbie. E per alimentare quella che, mi auguro, sarà un’esplosione di voglia di andare a sentire musica dal vivo.

Grazie Fabio per la tua disponibilità e impegno! Speriamo di ripartire presto e magari di ospitarti a Pisa per un bel Live!

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Dj Darius

Edited by Dj Darius, one of the founders of the PUM. Devoted to Art & Detroit Techno, enabling factors for sociality, culture, and community.

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    pablito el drito Break the Wall

    Pablito el Drito

    Spingere la scena locale, incoraggiare la multidisciplinareità e includere le fasce sociali più deboli

    Oggi abbiamo avuto l’opportunità di conversare con un artista cresciuto nella scena Underground milanese. Signori e signore, diamo un caloroso benvenuto a Pablito El Drito su #BtW.

    Pablito El Drito “Low Tech Division” released in Creative Commons

    Come di rito, vi lasciamo al botta e risposta con Pablito e alle sue riflessioni, che costituiscono dei validi spunti per questo nuvo episodio di Break the Wall e la nostra ricerca a livello Europeo.

    Carissimo Pablito, benvenuto su Break the Wall! parlaci brevemente di te? Qual è il tuo percorso?

    Sono un dj e musicista elettronico, ma anche uno scrittore. Sono nato a metà degli anni settanta, e avevo vent’anni quando è esplosa la musica elettronica. Dapprima l’ho considerata con sospetto, per poi abbracciarla, dapprima come dj, poi anche in un discorso live.

    Quale musica elettronica ti rappresenta?

    Mi piacciono moltissime cose. Dai pionieri (Kraftwerk, Moroder, Wendy Carlos) agli innovatori (Aphex Twin, Orb, KLF in primis), la musica wave elettronica (Borghesia, Clock DVA, Front Line Assembly).

    Per quanto riguarda la techno, e i dj set che suono, amo la scena detroitiana e il suon electro, ma anche il suono di Roma e Francoforte. Mi piace anche la dance fatta bene (Prodigy, Propellerheads, Fatboy Slim, Daft Punk).

    Difficilmente ascolto cose nuove, resto legato a un discorso anni ottanta-novanta-duemila, lo stagno in cui sono cresciuto e in cui sguazzo.

    Quando è iniziato questo amore?

    A vent’anni, quando facevo il fonico in uno spazio sociale. Selezionavo musica alla fine dei concerti e mi sono appassionato prima al dub elettronico, poi alla ambient house e infine alla techno. Al tempo mi appassionava anche molto il suono alla Leftfield.

    Cosa ne pensi della Club Culture nella tua città e oltre?

    Nei club vado principalmente a lavorare o in occasione di incontri più culturali. Diciamo che rispetto al pubblico sono quasi sempre dall’altra parte della barricata, in consolle.

    Ho una visione parziale, non da spettatore comune. Diciamo che preferisco la small room (magari posti da cento- duecento persone) che la big room (troppo dispersiva e che richiede troppi compromessi per essere riempita). Nei dj set amo fare cose lunghe anche 4-5 ore, in cui riesco a esprimermi al meglio.

    Quali sono le principali criticità?

    Le location negli anni sono diminuite di numero. Poi le principali sono in mano ad agenzie che monopolizzano l’offerta. I dj italiani della mia generazione lavorano e vivono quasi tutti all’estero per questo motivo. Non ci sono quasi più i resident, quando invece queste figure nel passato hanno dato carattere e connotazione alle scene.

    Cosa possiamo fare per migliorare l’attuale Club Culture?

    Variare la programmazione, spingendo anche le scene locali. Portare cultura, creando percorsi che siano anche multidisciplinari, che incrocino musica, danza, grafica, letteratura, video. Abbassare i prezzi che rendono i club inaccessibili alle fasce sociali più deboli. Creare percorsi di riduzione del danno.

    Quali sono le sensazioni che caratterizzano “Low Tech Division” il tuo ultimo album?

    È una raccolta di brani che ho suonato negli ultimi due anni in giro per l’Italia ma che, per una ragione o per l’altra non avevo pubblicato. È un lavoro scritto e suonato solo con un gameboy. Le tracce riprendono un certo tipo di suono a cavallo tra italo disco, electro, bass music e techno anche abbastanza dura.

    Grazie mille per la tua disponibilità e impegno! Speriamo di sviluppare presto qualche progetto assieme e magari di ospitarti a Pisa per un bel Live, magari nell’ambito del nuovo format che suona come un gioco di parole Club Cultura presenta “La Cultura del Club”

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    Bio Info

    After having organized concerts, set up stages and worked as a sound technician in the underground scene in Milan in the early nineties, I started being interested in electronic music as a dj first (since 1996) and then as a live setter (since 2003).

    I worked in art galleries and festivals in Italy Germany and France: MiArt, Tacheles, Museo di Fotografia Contemporanea, 6b, le Cyclop, Fondazione Pistoletto, Milano Film Festival, Torino Synth Meeting, Teatro Out Off, MamBo, XNL, Attenzione Frequenze Anomale, By this river.

    I published 7 LP: BIT BUBBLES, BACKROOM INDUSTRY, SMOGVILLE, LITTLE COMPUTER DISCO, NERDCORE, KLEPTOCRACY, LOW TECH DIVISION.

    Lately I played with Cdatakill (US), V-Atak crew (FR), 8GB (AR), Hekate (UK), Otolab (IT), Bubblyfish (US), Anna Bolena (DE), B.S.K. (JP), Fire at work (IT), Drama Nui (DE), Zu (IT), Ovo (IT), Vessel (IT), D’Arcangelo (IT), Shitmat (UK),  Nemeton (US), Seppuku (US), Kleopatra J (UK), Luke Vibert (UK), Chistoph Fringeli (DE), Mat64 (IT), Aonami (JP), Freddy K (IT), Matt Green (UK), Dave Monolith (UK), Jiku55 (JP), DjBalli (IT), Francesco Zappalà (IT), Okapi (IT), Uochi toki (IT), Eell Shous (IT), Ben Pest (UK), The Squire Of Gothos (UK), NNNNNNNNNN (JP), Toriena (JP), Deda (ITA), DØGM (FR), Cymba (UK), Stu (CH) , Kodek (LI), Sour (IT), Boaconstructor (US), Dot.AY (AU). I’m founder of Rexistenz records (www.rexistenz.org). I write music reviews for MilanoX (www.milanox.eu) and Frequencies (www.frequencies.it). 


    Edited by Daniele V. One of the founders of the PUM – Pisa Underground Movement. Devoted to electronic music and its cultural background. I started writing to accomplish the need to tell what’s going on and track change about our activities, and I found new energies and interests.

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      Break the Wall

      NicoNote

      Ridisegnare la Club Culture a partire dal suono e
      dalla dimensione dell’ascolto

      In attesa di un piccolo e piacevole rialzo delle temperature, abbiamo pensato di scaldarvi con la personalità di un’artista trasversale, abituata a muoversi fluida tra teatro e clubbing, in lungo e largo per il globo.

      Conosciamo uno spaccato di Club Culture oggi con le impressioni e le riflessioni di Nicoletta Magalotti in arte “NicoNote”. Una persona molto disponibile e gentile, “Riminese D.O.C.”. Un’anima nobile e visionaria che abbiamo avuto l’onore e la possibilità di intervistare per la nostra rubrica “Break The Wall” grazie al grande lavoro di DJ Darius.

      Dal 2019 insieme a Pierfrancesco Pacoda ha creato un osservatorio sulla Club Culture in Italia dal titolo “Tenera è la Notte”, una persona quindi che è dentro molte delle questioni che ci piacerebbe mettere in luce con #BtW.

      Copyright NicoNote, ph. Chiara Maretti

      Diamo un caloroso benvenuto a Nicoletta e lasciamo al piacere della scoperta lo sviluppo delle argomentazioni e delle idee che nascono da questo nuovo confronto per Break the Wall.

      Carissima NicoNote, benvenuta su Break the Wall, parlaci brevemente di te? Qual è il tuo percorso?

      Mi chiamo Nicoletta Magalotti (1962) sono italo/austriaca con base nella felliniana Rimini.

      Sono un’ artista trasversale, agisco nei territori di musica, teatro, clubbing, installazioni, performance dedicandomi alle mie produzioni artistiche e a curatele.

      Nel 1996 ho creato la sigla NicoNote.

      Telegraficamente, il mio percorso va dalla new wave italiana con i Violet Eves al teatro di Romeo Castellucci passando per il Morphine nel Cocoricò, tour musicali e teatrali in Europa, Canada, Israele, Argentina, Brasile con discografia dal 1985 fino ad oggi con Chaos Variation V (Rizosfera/RoughTrade) del 2019, progetto tra filosofia ed elettronica.

      Viaggio liquida in generi, formati e campi di applicazione anche distanti. Mi interessa assecondare la mia unicità, favorire l’ibridazione, connettere mondi che non si parlano, mettere insieme il fuoco e la neve, creare emozioni.

      Quale musica elettronica ti rappresenta?

      Fuggo da ogni definizione.

      Rispondo con i primi due artisti a cui ho pensato mentre leggevo la domanda (ma potrei citarne altri 100), uno è l’universo di Robert Ashley con Private Parts, che è un disco che mi porto dietro dalla adolescenza. Fields recording, minimale, sovrapposizioni ambient, noise, concettuale e poetronica, e l’altro è Sun Ra direi opera Omnia. Sono una fan irriducibile del suo immaginario sonoro, visionario, futuro remoto ancestrale galattico. Ecco i miei fari da molte decadi.

      Quando è iniziato questo amore?

      Entrambi amori sonici gravidi di ispirazione visionaria. Li ho “incontrati” entrambi nell’adolescenza. Capitai a un concerto di Alvin Curran e nel banchetto del mech trovai il cofanetto della Lovely Music. Label di New York , 4 dischi con tracce da Blue Gene Tyranny a Maggi Payne e Robert Ashley appunto.

      Folgorazione.

      Da lì in poi apprezzai moltissimo Brian Eno con Music for airport e The Plateaux for mirror con Harold Budd, poi Laurie Anderson, e poi sempre perché N. Y. venne la scoperta John Cage, Berio…

      NicoNote

      Invece Sun Ra, mi incuriosì perché vidi i manifesti di un suo concerto per strada, si esibiva a Ravenna… e per fortuna cercai di ascoltare i dischi di quella figura così particolare.

      Era il 1978 circa, la rete era ancora solo una fantasia distopica. I dischi costavano parecchio, inoltre non era facile trovarli, sopratutto se così particolari, andavano ordinati e comunque senza la certezza di riceverli in tempi brevi.

      Per fortuna c’era il mio amico Konrad Wallinger che aveva tutti i dischi dell’universo.

      Un universo per me assai prezioso. Trascorrevo l’estate in Austria, a Ebensee dove ora c’è un centro culturale il KINO luogo di cinema e concerti, fondato proprio dalla mia balotta , beh Kornrad mi face ascoltare tutto e di più. E a ruota dopo Robert Ashley e Sun Ra … arrivarono i Can, i Gong e lentamente arriviamo agli 80 ai concerti di Siouxsie, Tuxedomoon, Clock Dva, Suicide… e tanto altro.

      Fascinazione del suono elettronico e della ricerca jazz futurtronika e poi amore per i suoni no wawe, concept, noise.

      Cosa ne pensi della Club Culture nella tua città e oltre? Quali sono le principali criticità?

      In questo momento in Riviera esistono episodi interessanti nell’area Ravennate con HanaBi e Bronson produzioni e anche con Club Adriatico. Ci sono anche alcune soirèè underground secret .

      Per quanto riguarda i locali mi sembra che ciò che esiste, sia legato a un pensiero stereotipato del club, non di ricerca dello spazio sonoro e della condivisione liquida.

      Criticità rimangono gli alti costi di gestione di eventi e strutture.

      Quindi la difficoltà di organizzare situazioni spontanee da un lato e dall’altro la necessità di agire in regola con le normative del lavoro, e della sicurezza.

      Ecco questo sarebbe un obiettivo importante da perseguire insieme all’ evoluzione artistica. Un settore il clubbing, la musica, lo spettacolo che è fonte di reddito per molti, ha anche un indotto interessante ma che non è regolamentato pienamente.

      Questo vuoto rischia di essere una arma a doppio taglio, soprattutto in momenti di crisi sistemica come questo.

      Personalmente rispetto al Clubbing oggi mi interessa osservare “da fuori” ed eventualmente fruirne o interagire come artista.

      Copyright DOC Live, NicoNote

      Nel 2019 insieme al giornalista Pierfrancesco Pacoda abbiamo creato un osservatorio sulla Club Culture in Italia dal titolo Tenera è la Notte dedicato a Dino D’Arcangelo e alla rubrica che teneva su La Repubblica, forse il primo giornalista ad occuparsi di clubbing in forma strutturata su un giornale mainstream.

      A lui è intitolato anche il Premio Dino D’Arcangelo, alla sua seconda edizione, la cui giuria è composta da Ernesto Assante (La Repubblica), Francesco Costantini (La Gazzetta del Mezzogiorno), Simona Faraone (Dj/producer), Nicoletta Magalotti (musicista), Pierfrancesco Pacoda (giornalista), Principe Maurice (performer), Pierluigi Pierucci (imprenditore), Claudio Coccoluto (dj), Damir Ivic (giornalista).

      In marzo 2020 è uscito un libro curato da me e Pierfrancesco Pacoda che raccoglie articoli di Dino D’Arcangelo – lo presenteremo ufficialmente a Milano durante la MMW a novembre 2020.

      Si tratta di una raccolta di articoli scritti da Dino d’Arcangelo per il quotidiano La Repubblica e per il supplemento Musica.

      Reportage, recensioni, presentazioni di avvenimenti che hanno raccontato per la prima volta il risvolto culturale dell’universo dei club italiani su un giornale non specializzato. Dalla scena rave romana alle discoteche della riviera romagnola, dai dj superstar ai remix underground: nel libro si avvicendano i protagonisti di quella ribellione sonora (e non soltanto) che solo molti anni dopo sarebbe diventata fenomeno di consumo.

      Cosa possiamo fare per migliorare l’attuale Club Culture? E quali sono i pro (e i contro)?

      In questo momento di sospensione è proprio il momento di ridiseganre e riformulare nuove possibilità direi proprio a partire dal suono e
      dalla dimensione dell’ascolto come esperienza personale e multisensoriale.

      Mi interessano le vie di fuga, le propoagazioni che la club culture ha prodotto.

      Le installazioni, le performance, ripensare agli spazi. Il suono ci può trasportare in un universo ibrido in cui l’immaginazione trova connivenze ed espansioni, l’ascolto, nello spazio condiviso, nello spazio solitario. Si può danzare nella mente. Si può danzare sul posto. Non servono (non ci sono!) grandi spazi, eppure il suono apre a spazi infiniti. il mondo del club sta cambiando e si sta domandando verso cosa, e dove.

      Quali sono gli aspetti positivi del fare musica al giorno d’oggi?

      Oggi è evidente l’estrema facilità con cui poter produrre distribuire e creare, sia con l’utilizzo di software e programmi, e spargere in rete
      soprattutto per chi fa generi come me non commerciali.

      Anche dal vivo, a parte il momento covid, il ventaglio delle strutture che ospitano è molto vasta. Una maggiore attenzione e ascolti per tutti. Anche con mezzi minimi. Il comparto si e evoluto per certi versi.

      Quali sono le sensazioni che hai verso il tuo ultimo EP / album?

      Chaos variation, un Ep che ho realizzato su invito del collettivo Obsolete Capitalism e degli editori deleuziani Rizosfera di Reggio Emilia,
      già cospiratori e autori del Maffia club. Un progetto di sperimentazione totale. Sono moltoo soddisfatta.

      Il progetto è avvincente, e anche il dialogo con gli editori Rizosfera, collettivo assolutamente fuori dai sistemi del mercato ma con produzioni dalla qualità altissima, distribuiti da Rough Trade a Londra. Con Rizosfera continuiamo la collaborazione e a breve annuncerò Limbo Session – 1 , un album, una creazione improvvisativa in cui ho invitato a cocreare con me il producer Wang Inc. . Uscirà a fine 2020 inizio 2021.

      Il progetto artistico Chaos Variations appartiene alla «Trilogia del Caos» che Obsolete Capitalism propone a partire dall’album-libro Chaossive natura (2017) come prima stazione intensiva. Mi è stato chiesto di creare una VARIAZIONE , non un remix, a partire dagli elementi , dagli stems di due brani a mia. scelta. Molto intrigante.

      Condivido con voi le mie note di lavoro su questo EP:

      Side A – Axtral Requiem – Variazione da titolo di partenza: Afro Abstractions/Xamaycan Funeral March.

      Per Axtral Requiem ho lavorato sul frammento e l’accumulazione, casualità, sovrapposizione, accelerazione. Una Temporary Autonomous Zone in cui l’ascolto è esperienza transitiva, cambia e mi cambia a seconda del momento e del soggetto.

      Il brano è stato trattato come un paesaggio sonoro con veri e propri frames/quadri che si trasformano lentamente, o per cut, e si stabilizzano, evolvono, vivono.

      Ogni quadro vive di vita propria, evoca mondi differenti anche molto distanti uno dall’altro. Eppure parte di un unicum, parte dello stesso racconto.

      La voce è stata sintetizzata, processata, trattata. Il testo affiora, è un disegno vocale “nascosto” emerge lentamente da un presagio atavico, ancestrale, oscuro, noise.

      Mondo siderale e vulcanico, dalle viscere della terra o da un altrove lontanissimo, cupo, minimale. Ed ecco un Requiem, come inno a chiusura di un ciclo vitale. Contemporaneo ma con una astrazione tribale, dark scura. Una premonizione voodoo. Magia tribale e sintetica insieme, di provenienza dall’emisfero Australe, non meglio identificato. La Voce/ VOCI evocata/EVOCATE. Uno dei tanti elementi del paesaggio, la voce/parola emerge poi scompare, poi si duplica e come sample all’infinito replicata si confonde e diventa altro.

      Polarizzazione Poliritmica/Riesposizione vocale/ Poliritmie post techno influenze/Sound Poetry/Voice accumulation/Post Miles/

      Side B – Paysage mélodique avec Artaud Match vocale su una VARIAZIONE incrociata tra Deleuze/Bussotti /Artaud

      Per Paysage mélodique avec Artaud ho disegnato una scrittura vocale e una drammaturgia lavorando in sottrazione a partire da vari elementi: da un Paesaggio Sonoro che mi è stato affidato da Obsolete Capitalism, dalla partitura di Bussotti Five Piano Pieces for David Tudor 4, da Mille Plateaux di Deleuze e Guattari, e dal testo di Artaud Position de la Chair, che Bussotti riporta in esergo alla sua partitura.

      Un percorso drammaturgico a partire da una libera lettura degli elementi, ponendo uno spazio di osservazione e una distanza prospettica dai tre giganti Deleuze/Bussotti/Artaud, dalla loro inevitabile presenza, lavorando con un profondo rispetto eppure tenendoli lontani, astraendo la loro portata.

      Dando per scontato la loro forza/presenza, eppure non sottolineandola, ho cercato una chiave d’accesso e di attraversamento, con l’analisi, lo studio, l’ascolto, la traslazione degli elementi.

      Tutto ciò mi ha portata a focalizzare il mio nucleo drammaturgico, e la chiave è emersa.

      In essenza: Spazio/Voce in attesa e in fuga. Low-Fi. Noise. Una voce/parola in attesa e che fugge, una voce in fuga, chiave per il ritmo drammatico e per la mia rilettura e ricomposizione vocale. Ho lavorato sul frammento, sulla ripetizione, sull’evocazione, sulla scrittura vocale e scrittura del testo e infine ricomposizione melodica attraverso varie linee di astrazione e applicazione: la Chair, la Carne, è una esperienza, uno spazio. Uno spazio tra le Parole. Un’attesa, una sospensione. Una Fuga. Una voce che fugge. Voce che evoca spazio. Una voce che evoca voci. Voci differenti nello spazio sospeso.

      Voce processata, artificiale ma con assoluto equilibrio e rigore, sporca ma definita.

      Attenzione al ritmo e al silenzio della voce. Solo l’essenziale. Lavoro in sottrazione. Sottrazione di presenza. Low-fi. Noise. Astratta. Evocata. Non definita. Sprechgesang/Extended Vocal Techniques/Sound Poetry/Free Jazz Improvisation/Folk/Spoken/Contemporary Vocal Influence/Voice accumulation/Noise.

      Grazie mille per la tua disponibilità e impegno! Speriamo di sviluppare presto qualche progetto assieme e magari di ospitarti a Pisa per un bel Live, magari nell’ambito del nuovo format che suona come un gioco di parole Club Cultura presenta “La Cultura del Club”

      Links

      Dj Set

      Djdmac interview

      Speciale Romeo Castellucci

      Bandcamp

      Soundwall intervista

      Notte Italiana

      Limbo Session Niconote ft White Raven

      Chaos Variation EP

      AXTRAL REQUIEM


      NicoNote Bio Info

      NicoNote è una voce, un universo. Progetto e alias artistico creato nel 1996 da Nicoletta Magalotti (1962) Italiana-austriaca con base nella felliniana Rimini; cantante, compositrice, performer, artista trasversale e non definibile, ha sviluppato una cifra unica nella sonorità e nei formati.

      Agisce in territori molteplici legati alla musica, al teatro, alle installazioni, al clubbing. Ha all’attivo dal 1985 ad oggi una intrigante discografia e tour musicali e teatrali  in Italia e tutta Europa, Canada, Argentina, Brasile.

      Gli anni 80
      • A metà degli anni 80 è stata la voce della band Violet Eves, protagonista della new wave italiana con l’etichetta indipendente IRA records di Firenze, insieme a Litfiba, Diaframma, Moda, Underground Life.
      • Negli anni 90 insieme al dj David Love Calò cura un privèe/installazione (all’interno della roboante disco Cocoricò) il Morphine, luogo di radicali sperimentazioni musicali e performative.
      • Nel suo particolare percorso trasversale è stata diretta più volte da registi quali Romeo Castellucci / Socìetas Raffaello Sanzio, Francesco Micheli, Patricia Allio, Maurizio Fiume, Fabrizio Arcuri e altri,  ha collaborato con musicisti di estrazione molto diverse, da Patrizio Fariselli degli Area a Mauro Pagani, dai producer house Mas Collective a Teresa De Sio, da Dj Rocca a Piero Pelù e Andrea Chimenti a Ghigo Renzulli, da Roberto Bartoli (Tommaso Lama, Steve Grossman) a Stefano Pilia (In Zaire, Afterhours) da Bartolomeo Sailer  (Wang Inc.) a Luca Bergia (Marlene Kuntz) e Davide Arneodo (Perdurabo, Marlene Kuntz), da Enrico Gabrielli (Calibro 35, PJ Harvey)  a Elisabeth Harnik (Joëlle Léandre, John Butcher) e altri.
      • Dal 1985 ad oggi ha prodotto e licenziato dischi con vari pseudonimi Violet Eves, Nicoletta Magalotti, AND, Dippy Site e svariati Featurings.
      Oggi…
      • A firma NicoNote gli album Alphabe Dream (Cinedelic 2013) prodotto con il compositore francese Mikael Plunian,  Emotional Cabaret  (DocLive 2017) prodotto insieme a Dani Marzi e Alfredo Nuti  e  Deja V. (Mat Factory 2018) un album “segreto”  interamente dedicato a riletture dei Violet Eves. In uscita a giugno 2019 una nuova release NicoNote & Obsolete Capitalism Sound System dal titolo Chaos Variation V (Rizosfera, Rough Trade).
      • Nel maggio 2019 insieme al giornalista Pierfrancesco Pacoda ha creato un osservatorio sulla Club Culture in Italia dal titolo Tenera è la Notte / Premio Dino D’Arcangelo. Conduce regolarmente masterclass di studio sulla Voce, in Italia e all’estero, recentemente insieme alla cantante Monica Benvenuti ha dato vita al progetto di formazione sulla vocalità contemporanea “Voci Possibili”  in collaborazione con Tempo Reale, Firenze.

      NicoNote si muove liquida in generi sonori e formati anche distanti, combina il canto con la dimensione performativa, l’improvvisazione radicale con il pop, creando un clima unico, un teatro vocale immateriale. www.niconote.net


      Edited by Daniele V. One of the founders of the PUM – Pisa Underground Movement. Devoted to electronic music and its cultural background. I started writing to accomplish the need to tell what’s going on and track change about our activities, and I found new energies and interests.

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